Accumulo di pressione dietro gli occhi

Accumulo di pressione dietro gli occhi

La sensazione di pressione dietro gli occhi è una spiacevole sensazione che può essere causata da un problema agli occhi, ma più spesso è dovuta a una patologia che colpisce il tessuto circostante del viso.

Quali malattie si possono associare a un accumulo di pressione dietro gli occhi?

Un accumulo di pressione dietro gli occhi può essere causato da:

  • emicrania
  • cefalea tensiva
  • cefalea a grappolo
  • sinusite
  • malattia di Graves
  • neurite ottica
  • lesioni al viso
  • mal di denti

Si ricorda che questo non è un elenco esaustivo e che sarebbe meglio consultare il proprio medico di fiducia in caso di persistenza dei sintomi.

Quali sono i rimedi contro l’accumulo di pressione dietro gli occhi?

Per trattare con successo la pressione dietro gli occhi è necessario affrontare le cause sottostanti.

Gli antinfiammatori da banco e gli antidolorifici possono alleviare la sensazione di pressione se non è grave e non sembra essere un effetto collaterale di una condizione più grave.

Se la pressione è grave o si associa ad altri sintomi, sarà il medico, dopo la diagnosi, a prescrivere i trattamenti necessari, che potrebbero includere:

  • ibuprofene o paracetamolo per il trattamento del mal di testa.
  • Antibiotici, spray nasali steroidei o antistaminici per il trattamento delle sinusiti

Se la pressione dietro gli occhi è sintomo di una neurite ottica o di una malattia di Graves, si renderanno necessari trattamenti specifici.

Con un accumulo di pressione dietro gli occhi quando andare dal medico?

La pressione dietro gli occhi non è di per sé fonte di gravi preoccupazioni, ma può indicare la presenza di una patologia più acuta.

Se si associano sintomi come perdita della vista, occhi sporgenti, febbre, frequenti mal di testa o gonfiore del viso è bene consultare il proprio medico che potrà eventualmente indirizzare verso uno specialista (come otorinolaringoiatra, chirurgo dentale, neurologo, oftalmologo).

Per la diagnosi potrà avvalersi di alcuni esami, tra cui:

  • Esami del sangue, in particolare per valutare gli ormoni tiroidei, fondamentali nella diagnosi della malattia di Graves.
  • TAC e risonanza magnetica alla testa
  • Endoscopia dei seni paranasali

Cosa causa un accumulo di pressione dietro gli occhi?

Ci sono molti tipi di dolore agli occhi, ma la sensazione di pressione dietro gli occhi è qualcosa di completamente diverso. Questa spiacevole sensazione può essere causata da un problema agli occhi, ma la causa è più probabilmente una patologia che colpisce il tessuto circostante del viso.

Qui di seguito si analizzano le seguenti condizioni che possono causare una sensazione di pressione dietro gli occhi:

emicranie e altri mal di testa

infezione dei seni nasali

malattia di Graves

neurite ottica

mal di denti

ferita al viso

Inoltre, esaminiamo anche quando si consiglia di consultare un medico e quali sono le opzioni di trattamento.

Cause di pressione dietro gli occhi

1. Emicrania e altri mal di testa

La Fondazione Americana per l’Emicrania nota che il mal di testa e il dolore intorno agli occhi spesso vanno di pari passo. Tuttavia, sottolineano anche che la maggior parte dei mal di testa sono classificati come emicrania o tensione, e non hanno nulla a che fare con l’affaticamento degli occhi o condizioni correlate.

L’emicrania è spesso associata a una sensazione di pressione o dolore dietro gli occhi.

Altri sintomi di un’emicrania includono:

dolore pulsante alla testa

nausea

vomito

sensibilità al suono

sensibilità alla luce

luci o suoni strani prima dell’insorgere di un mal di testa

Altri tipi di mal di testa includono:

Mal di testa da tensione. Ci sarà una sensazione di tensione e di pressione, piuttosto che di pulsazione.

Cefalea a grappolo: durano da 15-180 minuti e si verificano spesso fino a otto volte al giorno. L’infezione, il gonfiore o il dolore in aree del viso, compresi gli occhi, sono fattori che accompagnano le cefalee a grappolo.

2. Infezione dei seni nasali

I seni nasali sono spazi vuoti nel cranio, posizionati sopra, sotto, dietro e tra gli occhi.

Problemi con i seni nasali includono spesso sensazioni di dolore dentro e intorno al viso.

Uno dei sintomi principali di un’infezione dei seni nasali è il dolore palpitante e la pressione intorno ai bulbi oculari. Almeno un tipo di infezione dei seni paranasali – la sinusite sfenoide – è legata a un dolore dietro gli occhi.

Secondo i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), altri sintomi di sinusite includono:

naso che cola o soffoca

perdita dell’olfatto

mal di testa

dolore o pressione in faccia

muco che cola dal naso lungo la gola

mal di gola

febbre

tosse

stanchezza

alito cattivo

3. Malattia di Graves

Risultato di una ghiandola tiroidea iperattiva, la malattia di Graves può causare il rigonfiamento dei tessuti, dei muscoli e del grasso dietro l’occhio. Questo causa il rigonfiamento del bulbo oculare dalla cavità e può portare ad altri problemi, come l’incapacità di muovere il bulbo oculare.

Il gonfiore dei tessuti dietro l’occhio può provocare una sensazione di pressione.

I sintomi comuni della malattia di Graves legati all’occhio includono:

una sensazione di irritazione agli occhi

occhi asciutti

occhi che lacrimano più del solito

rigonfiamento dell’occhio dalla cavità

sensibilità alla luce

vedere doppio

ulcere agli occhi

perdita della vista

gonfiore del bulbo oculare

essere incapace di muovere l’occhio

4. Neurite ottica

La neurite ottica è una condizione in cui il nervo che collega gli occhi e il cervello si infiamma e si gonfia. Gli effetti collaterali possono includere il dolore e la perdita temporanea della vista, che di solito raggiunge il suo apice nel giro di pochi giorni e può richiedere 4-12 settimane per migliorare.

Le infezioni possono scatenare neurite ottica, ed è anche comunemente associata alla sclerosi multipla (SM). Circa il 50% di tutte le persone con SM soffre di neurite ottica, che spesso è la prima indicazione di SM.

I sintomi della neurite ottica includono:

visione ridotta

daltonismo, o colori che appaiono meno vivaci

vista sfuocata, soprattutto dopo l’aumento della temperatura corporea

perdita della vista da un occhio

dolore all’occhio, specialmente quando lo si muove

la pupilla reagisce in modo insolito alla luce intensa

5. Mal di denti

Il mal di denti, soprattutto a causa di un’infezione, può causare un dolore palpitante e la sensazione di pressione che si diffonde nelle parti vicine del viso, quando i nervi circostanti ne sono colpiti.

Ad esempio, un caso di studio pubblicato nel 2007 sul Malaysian Journal of Medical Sciences riguardo una persona il cui mal di denti ha portato a un gonfiore della cavità oculare sinistra dopo 2 giorni. La capacità di vedere dell’occhio gonfio peggiorava e il dolore aumentava insieme al gonfiore.

6. Lesione al viso

Gli infortuni al viso, come quelli subiti in incidenti d’auto o durante la pratica sportiva, possono portare a una sensazione di pressione e dolore dietro e intorno agli occhi.

Diversi tipi di fratture all’orbita oculare possono causare danni ai muscoli dell’occhio, ai nervi e ai seni paranasali.

Alcuni sintomi delle fratture dell’orbita oculare includono:

l’occhio che sembra rigonfiare o affondare nella cavità oculare

un occhio nero

vista doppia, visione offuscata o vista ridotta

intorpidimento in parti del viso intorno all’occhio ferito

gonfiore vicino e intorno all’occhio

una guancia piatta, possibilmente con forti dolori durante l’apertura della bocca

Quando andare dal medico

La pressione dietro gli occhi non è di per sé fonte di gravi preoccupazioni, ma può indicare la presenza di una patologia più acuta.

Chiunque noti sintomi come perdita della vista, occhi sporgenti, febbre, frequenti mal di testa o gonfiore del viso dovrebbe consultare il proprio medico.

Se il medico non è in grado di fare una diagnosi, indirizzerà la persona a un esperto appropriato che potrà indagare più a fondo.

Alcuni di questi esperti includono:

otorinolaringoiatra

chirurghi dentali

neurologi, specializzati in problemi cerebrali e nervosi

oftalmologi, specializzati in problemi oculari

Alcune tecniche che possono aiutare con una diagnosi includono:

Esami del sangue per determinare i livelli ormonali. Gli ormoni prodotti dalla tiroide sono fondamentali nella diagnosi della malattia di Graves.

Le scansioni TAC per sviluppare un quadro accurato del cervello e degli organi.

Risonanza magnetica – un altro metodo per mappare il cervello e il corpo.

Endoscopia, che prevede l’inserimento di una macchina fotografica nel naso per indagare la salute dei seni paranasali.

Opzioni di trattamento

Per trattare con successo la pressione dietro gli occhi è necessario affrontare le cause sottostanti.

Gli antinfiammatori da banco e gli antidolorifici sono sicuri da usare. Possono alleviare la sensazione di pressione se non è grave e non sembra essere un effetto collaterale di una condizione più grave.

Se la pressione è grave o presenta altri sintomi, consultare un medico. Dopo la diagnosi, il medico prescriverà i trattamenti necessari.

Queste potrebbero includere:

ibuprofene, aspirina o acetaminofene per il trattamento del mal di testa.

Antibiotici, spray nasali steroidei o antistaminici per il trattamento delle infezioni dei seni nasali

Prospettive

Le prospettive di pressione dietro gli occhi dipenderanno dalla causa di fondo.

Questa pressione sarà spesso dovuta a semplici mal di testa o a condizioni sinusali, che sono facili da gestire e difficilmente causano complicazioni.

Tuttavia, la pressione dietro gli occhi può essere un sintomo di una condizione più grave, come la neurite ottica o la malattia di Graves. In questi casi, si rendono necessari ulteriori trattamenti.

VIRUS ZIKA

​​​​​​​Perché effettuare il test?

In caso si sospetti la presenza di un’infezione da virus Zika.

Quando Fare il Test?

Il test viene effettuato se si manifestano febbre, mal di testa, eruzioni cutanee, dolore alle articolazioni e ai muscoli ed in caso di congiuntivite a seguito di un viaggio in aree colpite dal virus Zika (Bolivia, Brasile, Messico, Guatemala, Giamaica, Venezuela, Cuba, Repubblica Dominicana, Perù, Maldive, Tailandia, Sri Lanka (Ceylon), India, Angola, Capo Verde, Guinea Bissau, ecc); il test è necessario anche in caso di rapporti sessuali con persone che abbiano recentemente viaggiato nelle stesse aree; così come nelle donne in gravidanza che abbiano viaggiato nelle stesse aree, indipendentemente dai sintomi e nei bambini affetti da microcefalia.

Che tipo di campione viene prelevato per il test?

Viene prelevato un campione di sangue venoso dal braccio e/o un campione di urina raccolto in un contenitore pulito; più raramente un campione di liquido cefalorachidiano o di liquido amniotico.

È necessaria una preparazione al test?

No, non è necessaria alcuna preparazione

L’Esame

Il virus Zika è un patogeno riemergente trasmesso da artropodi, appartenente alla famiglia Flaviviridae,. Il virus si trasmette attraverso la puntura di una zanzara infetta appartenente al genere Aedes (prevalentemente Aedes aegypti, il vettore principale in tutto il mondo di molte arbovirosi), ma anche, seppur meno frequentemente, tramite trasmissione sessuale.  Gli esami che permettono di porre diagnosi d’infezione da virus Zika sono finalizzati alla ricerca del materiale genetico virale (RNA) su sangue, urina, liquido cefalorachidiano, liquido amniotico mediante test di amplificazione degli acidi nucleici (NAATs), oppure dalla ricerca degli anticorpi prodotti in risposta all’infezione, mediante test sierologici (con successiva conferma mediante test di neutralizzazione).

Circa l’80% delle persone infettate con il virus Zika è asintomatica e la restante percentuale presenta solo sintomi lievi. I sintomi iniziali dell’infezione includono di solito febbre, cefalea, eruzioni cutanee, dolori articolari e muscolari, congiuntivite, che possono permanere al massimo per una settimana. I sintomi sono simili a quelli di altre infezioni trasmesse dalla puntura di zanzara, come la Dengue o La Chikungunya. Essendo questo tipo d’infezioni molto simili tra loro, il ruolo del laboratorio è essenziale per una corretta diagnosi.

Nonostante sia stato isolato per la prima volta in Uganda nel 1947 dalle scimmie della foresta Zika, per i successivi 60 anni, vennero identificati solo casi sporadici in Africa e in Asia, finché nel 2007 si realizzò una epidemia in nell’isola di Yap in Micronesia. Nel 2014 e 2015 ci furono allarmanti epidemie nella Polinesia Francese ed altre Isole del Pacifico; nel 2015–2016 si espansero epidemie in Brasile e successivamente si diffusero al resto dell’America (Bolivia, Colombia, Perù, Caraibi, Texas, Florida, ecc), durante le quali emersero nuove modalità di trasmissione (congenita, perinatale e sessuale) e furono identificate nuove manifestazioni cliniche (aborto, parto pre-termine, microcefalia, gravi difetti alla nascita del cervello e dell’occhio, sindrome di Guillain-Barré, altre sindromi neurologiche, severa piastrinopenia). La microcefalia causata dall’infezione virale comporta seri problemi come disabilità cognitiva, convulsioni, sordità e cecità.

Il 1° febbraio 2016 il Comitato di Emergenza del Regolamento Sanitario Internazionale (International Health Regulations, IHR 2005) dell’OMS dichiarò una situazione di emergenza della sanità pubblica a livello internazionale causata dall’incremento della diffusione del virus Zika, potenzialmente associato ai casi di microcefalia e altri disordini neurologici riportati dal Brasile e nelle Americhe. Dal momento in cui l’epidemia nelle Americhe ha raggiunto il picco nella primavera del 2016, si è realizzata una continua riduzione nel numero dei casi di malattia riportati nella maggior parte dei paesi nelle Americhe e nei Caraibi. La trasmissione inoltre sembra essersi interrotta nel 2017 e inizio 2018 in molte isole caraibiche. Al contrario, in Asia, studi retrospettivi soppongono un’ampia distribuzione geografica del virus Zika. In Africa le informazioni sulla circolazione virale sono limitate. Il 18 novembre 2016, durante la quinta riunione del Comitato di Emergenza sull’infezione da virus Zika è stata annunciata la fine della emergenza di sanità pubblica. Sia l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), sia i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) americani avviarono un’attività di sorveglianza epidemiologica. Anche in Italia, dal 16 giugno 2016, è stata introdotta la sorveglianza sanitaria, con il “Piano nazionale di sorveglianza e risposta alle arbovirosi trasmesse da zanzare (Aedes sp.) con particolare riferimento a virus Chikungunya, Dengue e virus Zika”, pubblicato dal Ministero della Salute e successivamente aggiornato nel 2017 e 2018; le stesse raccomandazioni sono state prorogate per tutto il 2019.

Attualmente non sono stati registrati in Europa focolai autoctoni di virus Zika, ma solo infezioni presenti in viaggiatori di ritorno dalle aree colpite.

Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità nel periodo 2015-2018 in Italia si sono osservati 131 casi confermati d’infezione da virus Zika, tutti collegati a viaggi nei paesi sopra indicati; dal 1 gennaio al 30 giugno 2019, si sono osservati 2 casi confermati d’infezione da virus Zika (di cui un caso di sindrome congenita da Zika virus), anche essi associati a viaggi all’estero.

Alle donne in gravidanza viene consigliato di evitare o di rimandare i viaggi nelle aree endemiche. Attualmente non è disponibile un vaccino contro il virus Zika e il miglior modo per evitare di contrarre la malattia è quello di evitare la puntura delle zanzare Aedes.

Vorreste avere informazioni sugli intervalli di riferimento?

Gli intervalli di riferimento dipendono da molteplici fattori, quali l’età e il sesso del paziente, la popolazione di riferimento e il metodo utilizzato per l’esecuzione dell’esame. Il risultato numerico di un test può pertanto avere significati diversi in base al laboratorio in cui viene effettuato.

Proprio per questo motivo, non vengono indicati gli intervalli di riferimento. Al fine di valutare i risultati del test, si consiglia di fare riferimento ai valori forniti dal laboratorio, che riporta gli intervalli di riferimento direttamente sul referto. 

Quali informazioni è possibile ottenere dal test?

L’esame del virus Zika viene usato al fine di diagnosticare l’infezione in persone con segni e sintomi riconducibili all’infezione da virus Zika potenzialmente contratta in aree endemiche o tramite rapporti sessuali con viaggiatori di ritorno da aree endemiche.

L’infezione da virus Zika è difficilmente diagnosticabile senza il supporto di test specifici in quanto asintomatica o caratterizzata da manifestazioni cliniche analoghe a quelle di altre malattie come la Dengue o la Chikungunya.

Esistono due tipi di test:

Esami molecolari (NAATs, PCR) – questo tipo di esami sono finalizzati a rilevare la presenza di RNA del virus e consentono di identificare il virus entro una settimana dalla comparsa dei sintomi. Gli esami molecolari possono rilevare anche altri virus come Dengue e Chikungunya, questi esami identificano la presenza del virus non solo nel sangue ma anche nel liquido cefalorachidiano, nel liquido amniotico o nell’urina.

Il virus nel sangue può essere rilevato entro 7 giorni dalla comparsa dei sintomi, mentre nell’urina il virus può essere rilevato fino a 3 settimane.

L’approccio sierologico viene utilizzato, nel caso in cui l’esame molecolare sia negativo.

Ricerca degli anticorpi – consiste nella ricerca delle IgM che vengono prodotte dal sistema immunitario in risposta all’infezione da virus Zika. Questo esame viene solitamente effettuato in caso di test molecolare negativo, oppure se sono passati già troppi giorni dal contagio, e quindi il test molecolare non è più possibile. Le IgM sono presenti nel sangue 7 giorni dal contagio e rimangono per circa 12 settimane. Un esame eseguito troppo precocemente, potrebbe causare risultati falsamente negativi. Questo esame può, inoltre, dare risultati positivi, se sono presenti virus simili a Sika, come per esempio il virus Dengue. In questo caso, sarà necessario un test di conferma (PRNT – Plaque Reduction Neutralization Test) finalizzato a confermare la presenza del virus Zika e ad escluderne altri.

Al fine di valutare correttamente i risultati di laboratorio, si deve tenere conto delle criticità derivanti dalla estesa cross-reattività tra diversi flavivirus, in particolare in seguito a infezioni da parte di un flavivirus in soggetti già in precedenza infettati o immunizzati da altri flavivirus. Questo è molto importante nel caso del virus Zika, viste le conseguenze che una diagnosi d’infezione, in particolare in donne in gravidanza, potrebbe avere.

Quando viene prescritto?

L’esame viene prescritto in caso si presentino sintomi di un’infezione da virus Zika. Per esempio, in caso si abbia viaggiato in aree endemiche o si abbia avuto contatti sessuali con persone di ritorno da queste zone.

I sintomi si presentano solitamente dopo 2-7 giorni dal contagio, e possono includere:

Mal di testa

Febbre

Eruzioni cutanee

Dolore articolare e muscolare

Congiuntivite

Donne in gravidanza che sono state in aree a rischio di contagio o donne che hanno avuto contatti sessuali con viaggiatori di ritorno dalle stesse aree devono assolutamente informare il proprio medico curante.

L’esame può essere richiesto anche per neonati affetti da microcefalia o in persone affette da sindrome di Guillain-Barré a rischio di aver contratto l’infezione da virus Zika.

Il test non è necessario per le donne non gravide asintomatiche e per lo screening pre-concezionale.

Cosa significa il risultato del test?

Esame molecolare

La PCR rileva la presenza del materiale virale (RNA) ed è di solito considerato il test maggiormente attendibile per la diagnosi. Un risultato positivo alla PCR causato dalla presenza del virus Zika viene considerato diagnostico. Tutti i risultati positivi devono essere comunicati agli organi di sorveglianza sanitaria nazionale.

Un risultato negativo della PCR può indicare l’assenza dell’infezione o la presenza di quantità di virus troppo basse per poter essere rilevate. Questo può accadere se l’esame del sangue viene eseguito oltre la finestra di 7 giorni e/o quello dell’urina dopo le 2-3 settimane di permanenza del virus. Il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) raccomanda l’esecuzione dell’esame sierologico in seguito ad un risultato negativo ottenuto con quello molecolare.

Esame sierologico

Dopo aver rilevato la presenza di anticorpi IgM anti-Zika deve essere eseguito l’esame PRNT (Plaque Reduction Neutralization Test) per confermare la presenza di anticorpi specifici. A causa dell’elevato rischio di risultati falsamente positivi, nessuna decisione clinica deve essere presa prima della conferma del test sierologico. Un risultato positivo all’esame PRNT conferma un’infezione recente da virus Zika e l’assenza del virus Dengue.

Un risultato negativo all’esame sierologico non esclude che sia comunque presente un’infezione da virus Zika: potrebbe essere dovuto all’effettiva assenza dell’infezione o alla presenza di quantità di anticorpi troppo basse per poter essere rilevate. Questo può verificarsi nel caso in cui l’esame venga eseguito troppo precocemente rispetto al momento del contagio e quindi prima che vengano prodotte quantità rilevabili di anticorpi. Nelle fasi precoci è raccomandabile l’esecuzione dei test molecolari.

Ci sono altre cosa da sapere?

Gli esami per la rilevazione dell’infezione da virus Zika danno alcuna informazione circa lo stato di salute del feto di donne in gravidanza.

I sintomi, come le eruzioni cutanee o il dolore articolare, non sono specifici e non consentono la formulazione di una diagnosi certa.

Per informazioni circa le modalità di sorveglianza dei donatori di sangue, si rimanda alla pagina del Centro Nazionale Sangue.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha aggiornato le linee guida per la prevenzione del virus Zika per via sessuale, riducendo il periodo in cui viene raccomandato di avere rapporti sessuali protetti o di astenersi da sei mesi a tre mesi per gli uomini e da sei mesi a due mesi per le donne.

Quanto tempo è necessario per eseguire il test?

Il tempo necessario per l’esecuzione dell’esame dipende dalla sede presso la quale questo viene eseguito. In Italia esistono centri in ogni regione che eseguono i test in pochi giorni.

Il virus Zika può essere trasmesso da persona a persona?

Si. Il virus può essere trasmesso dalla madre al feto e, anche se raramente, anche attraverso i rapporti sessuali. Si raccomanda alle donne in gravidanza di informarsi sulle modalità di trasmissione e prevenzione dell’infezione, come, ad esempio, evitare di avere rapporti sessuali non protetti con uomini che abbiano vissuto o viaggiato in zone in cui il virus è endemico.

Sono in atto misure di prevenzione per evitare la trasmissione attraverso la donazione di organi, sangue e tessuti (Centro Nazionale Sangue).

Come prevenire?

Attualmente non esiste un vaccino o un trattamento per l’infezione. L’unica prevenzione è proteggersi contro le punture di zanzare.

Indossare magliette a maniche lunghe e pantaloni lunghi, preferibilmente di colore chiaro.

Utilizzare repellenti antizanzare contenenti DEET, picaridina, olio essenziale di eucalipto limone (OLE) o IR3535, anche nelle donne in gravidanza e nei bambini

Trattare le scarpe, i calzini, i pantaloni e le tende con permetrina

Dormire sotto una zanzariera

Vuotare l’acqua contenuta in luoghi dove possono riprodursi le zanzare, come i sottovasi

Utilizzare il preservativo per ridurre il rischio di trasmissione sessuale. L’unico modo sicuro per evitare la trasmissione per via sessuale consiste nell’astensione.

L’ECDC riporta (aprile 2019) che nei paesi dell’Europa continentale (Unione Europea e Area Economica Europea), inclusa l’Italia, esistono due specie di zanzare, la cui competenza come vettori di virus Zika è stata confermata in laboratorio: Aedes albopictuse e Aedes japonicus. Tuttavia, la competenza di tali vettori è minore di quella di Aedes aegypti. La probabilità di trasmissione attraverso la puntura di zanzara è molto bassa in primavera. In estate ed in autunno, quando le temperature sono maggiori e i vettori sono più attivi, qualora il virus venga introdotto in un paese da un viaggiatore, potrebbe essere possibile l’instaurarsi di trasmissione autoctona.

È possibile contrarre l’infezione più di una volta?

No, è improbabile.

VIRUS EPATITE C [HCV] ANTICORPI (+ANALISI QUALITATIVA RNA)

Cos’è il virus dell’epatite C e perché si effettua il test per rilevare l’HCV nel sangue?

L’epatite C (HCV) è un virus che causa un’infezione al fegato provocando infiammazione e danno all’organi. 

L’HCV si contrae per contatto con sangue contaminato, per esempio attraverso condivisione di aghi da iniezione nel caso di pazienti tossicodipendenti, ma anche mediante l’utilizzo di rasoi già utilizzati da terzi, o avendo rapporti sessuali non protetti. Più raramente l’HCV può essere trasmesso durante il parto dalla madre al neonato.

Il paziente infetto può non presentare sintomi e, pertanto, non essere a conoscenza dell’infezione. Un’infezione acuta da epatite C può provocare sintomi leggeri e poco specifici e, in caso di cronicità, può impiegare più di un decennio per causare danni severi alla funzionalità epatica.

Gli individui affetti da epatite C hanno un rischio maggiore di contrarre altre patologie, quali patologie epatiche croniche, cirrosi, tumore del fegato. 

I test dell’epatite C sono un insieme di analisi volte a diagnosticare e monitorare la patologia. L’esame più comune ricerca gli anticorpi prodotti in risposta al virus, altri test ricercano la presenza dell’RNA virale.

Il test viene richiesto dallo specialista se il paziente è considerato ad alto rischio, se è stato esposto al virus o se presenta sintomi associati a una malattia del fegato.

Cosa significa il risultato del test?

Se il risultato del test degli anticorpi e quello dell’RNA virale sono negativi, l’infezione è assente.

Se il risultato del test degli anticorpi è positivo e quello dell’RNA virale è negativo, l’infezione può essere pregressa o può essersi trattato di un falso positivo.

Se il risultato del test degli anticorpi e quello dell’RNA virale sono positivi, l’infezione è attiva.

Come avviene l’esame?

Il test viene eseguito mediante prelievo di sangue venoso dal braccio.

Sono previste norme di preparazione?

No, non è richiesta nessuna preparazione particolare per questo esame.

Perché eseguire il test?

Il test viene effettuato per diagnosticare l’infezione da epatite C (HCV) e monitorare il trattamento.

Quando Fare il Test?

Screening: per tutti coloro che sono a rischio di infezione o per nati tra il 1945 e il 1965 (Raccomandazione della CDC, 2012)

Diagnosi: quando il paziente è stato esposto al virus, per esempio tramite contatto con sangue infetto, o quando presenta sintomi che possono indicare una malattia del fegato.

Che tipo di campione viene prelevato?

Viene prelevato un campione di sangue da una vena del braccio.

​​​​​​​Il test necessita di una preparazione?

No, non è necessaria nessuna preparazione

L’Esame

L’epatite C (HCV) è un virus che causa infezione al fegato causando un’infiammazione ed un danno all’organo stesso. I test dell’epatite C sono un gruppo di analisi usate per identificare, diagnosticare e monitorare il trattamento per l’epatite C. Il test più frequentemente utilizzato ricerca nel sangue gli anticorpi prodotti in risposta all’infezione. Altri esami rilevano la presenza di RNA virale, la concentrazione di RNA virale presente oppure la specifica sottospecie del virus.

L’epatite C è uno dei sei tipi di virus identificati ormai molto tempo fa, che includono A, B, D, E, e G, conosciuti causare patologie. L’HCV si contrae mediante il contatto con sangue contaminato, per esempio condividendo gli aghi durante l’iniezione di droghe per via endovenosa, ma può essere contratto anche con rasoi, avendo rapporti sessuali non protetti con una persona infetta, con l’esposizione occupazionale del personale sanitario. Raramente il virus può essere trasmesso da madre a figlio durante il parto. Prima che i test dell’HCV fossero disponibili, negli anni ’90, l’infezione veniva spesso trasmessa mediante le trasfusioni di sangue.

L’HCV non è contagiosa tanto quanto l’epatite B, ma attualmente non è disponibile un vaccino per prevenirla. L’epatite C causa frequentemente patologie epatiche croniche. Dopo una drastica flessione registrata nei primi dieci anni di sorveglianza, l’incidenza di epatite C acuta in Italia ha continuato un trend in diminuzione, stabilizzandosi su tassi tra 0,2 e 0,3 per 100.000 abitanti, a partire dal 2009. Nel 2014 l’incidenza è stata di 0,2 per 100.000 (0 per la fascia d’età 0-14 anni; 0,2 per la fascia d’età 15-24 e 0,3 ≥25 anni). Anche per l’epatite C la diminuzione di incidenza ha interessato in particolar modo i soggetti di età compresa fra i 15 e i 24 anni (per cambiamenti comportamentali da parte dei tossicodipendenti). L’età dei nuovi casi è in aumento, e già da due anni la fascia di età maggiormente colpita è stata quella 35-54 anni. Inoltre, negli ultimi anni, il rapporto uomini/donne è andato diminuendo anche se nel 2014 il numero di maschi tra i casi è ancora superiore (59%) (dati del Centro Nazione di Epidemiologia). Circa l’85% delle cronicizzazioni dopo l’infezione acuta, si risolvono.

La maggior parte delle persone infette non presentano sintomi e non sanno di essere infette. L’infezione acuta da HCV può causare sintomi leggeri e poco specifici e l’infezione cronica può lavorare lentamente per un decennio o due prima di causare un danno tale da creare problemi alla funzionalità epatica.

Chi è affetto da epatite C ha un rischio maggiore di sviluppare altre gravi patologie:

Circa il 60-70% di essi accusa patologie epatiche croniche

Circa il 20-40% è affetto nel corso degli anni da cirrosi; studi più recenti suggeriscono addirittura che quasi il 45% delle persone affette sviluppa cirrosi

Circa 1-5% dei pazienti muore a seguito di patologia correlate all’infezione (per esempio cirrosi o tumore al fegato)

I test degli anticorpi dell’epatite C sono usati per effettuare lo screening sulle infezioni. Lo screening viene effettuato anche su persone asintomatiche ma ad alto rischio, su coloro che hanno sintomi associabili all’epatite o a malattie epatiche, o su coloro che sono stati esposti al virus. Poiché il test degli anticorpi può rimanere positivo nella maggior parte delle persone in cui l’infezione si è risolta, un risultato positivo è seguito dalla ricerca dell’RNA, con lo scopo di rilevare la presenza di materiale genetico virale. Un risultato positivo significa che il virus è presente, che l’infezione non si è risolta e che la persona necessita di un trattamento. La genotipizzazione dell’epatite C da informazioni su quale tipo di virus sia presente, al fine di definire il tipo di trattamento più adatto.

Che tipo di campione viene richiesto?

Si preleva un campione di sangue da una vena del braccio.

Esiste una preparazione al test che possa assicurare la buona qualità del campione?

No, non esiste alcuna preparazione

Quali informazioni è possibile ottenere?

I test dell’epatite C sono usati per lo screening e la diagnosi di infezione da virus dell’epatite C, per guidare la terapia e per monitorare la risposta del paziente.

Il test degli anticorpi anti- HCV è usato come screening per l’infezione, questo test determina la presenza di anticorpi contro il virus, indicando così l’esposizione ad HCV. Questo esame non distingue tra pazienti che hanno l’infezione in atto e pazienti che hanno contratto l’infezione in precedenza. Esistono casi “debolmente positivi” che in realtà sono falsi positivi. L’associazione statunitense “Centers for Disease Control and Prevention” (CDC) consiglia la ricerca del RNA del virus in tutti i pazienti positivi agli anticorpi per capire se l’infezione in questa persona sia attiva.

Il test degli anticorpi anti- HCV può essere eseguito come parte del pannello delle epatiti virali acute per determinare quale tipo di virus causi i sintomi al paziente.

I seguenti esami possono essere usati per diagnosticare un’infezione corrente e per guidare e monitorare il trattamento:

Ricerca dell’RNA dell’HCV, test qualitativo usato per definire se si tratta di infezione attiva e pregressa. Il risultato è “positivo” se viene trovato l’RNA del virus, o “negativo” in caso contrario

Carica virale di HCV (test RNA HCV, quantitativo) rileva e misura la quantità di RNA virali presenti nel sangue. La carica virale è usata prima e durante il trattamento per monitorare la risposta alla terapia comparando la quantità di virus prima e dopo la cura (di solito il test viene ripetuto più volte nei primi tre mesi di terapia). Esistono nuovi metodi che possono rilevare cariche virali anche molto basse.

La genotipizzazione identifica il tipo ed il genotipo di HCV. Esistono 6 diversi sottospecie di HCV: il genotipo più comune è il genotipo 1, esso risponde meno al trattamento rispetto ai genotipi 2 e 3 e necessita di una terapia più lunga (48 settimane, mentre i genotipi 2 o 3 richiedono un trattamento di 24 settimane). La genotipizzazione si effettua prima di iniziare il trattamento, per analizzare la probabilità di successo e la durata del trattamento.

Quando viene prescritto?

La CDC raccomanda lo screening per l’infezione da HCV mediante la ricerca di anticorpi nel caso in cui il paziente:

Abbia fatto uso di droghe d’abuso per via endovenosa

Abbia ricevuto trasfusioni di sangue o un organo trapiantato prima del 1992*

Abbia fatto iniezioni di fattori della coagulazione prodotti prima del 1987

Sia stato in dialisi per molto tempo

Sia un bambino nato da madre affetta

Sia stato in stretto contatto con un soggetto infetto

Faccia parte di personale sanitario e lavori con aghi, oggetti taglienti o abbia esposto le proprie mucose a sangue positivo per l’HCV

Mostri segni di malattia epatica cronica

Abbia l’HIV

Il test della ricerca di anticorpi può essere prescritto quando il paziente presenta risultati anomali sul pannello epatico, o sintomi associati all’epatite. In questi casi, può essere fatto uno screening delle epatiti acute. La maggior parte delle persone infette è asintomatica o presenta sintomi così lievi che raramente inducono il medico a fare un test dell’HCV. Circa il 10-20 % degli affetti mostra sintomi come affaticamento, dolore addominale, perdita dell’appetito e ittero.

Il test dell’RNA dell’HCV è prescritto come follow- up in caso gli anticorpi siano positivi, per vedere se l’infezione è ancora presente; la genotipizzazione è eseguita per selezionare il trattamento. La carica virale viene fatta prima di cominciare la terapia, periodicamente per il monitoraggio e alla fine del trattamento per valutarne l’efficacia.

Cosa indica il risultato del test?

Il risultato del test degli anticorpi viene solitamente riportato come “positivo” o “negativo”. Quello della ricerca dell’RNA è un numero che corrisponde alla quantità di virus presenti. Se il virus non c’è o la sua concentrazione è troppo bassa per essere rilevata, il risultato è “negativo”.

L’interpretazione dei test di screening per HCV e i test di follow-up sono elencati nella tabella sottostante. Se il test degli anticorpi è positivo, allora l’individuo è infetto o è stato infettato in passato. Se l’HCV RNA è positivo, la persona ha un’infezione attiva. Se non viene rilevato alcun RNA virale, allora può essere che il paziente non abbia un’infezione attiva o che il virus sia presente in quantità molto limitata.

ANTICORPI ANTI- HCV

HCV RNA

INFEZIONE DA HCV

Negativi

Infezione assente o l’esame è stato eseguito troppo precocemente rispetto all’esposizione; se il sospetto rimane alto, ripetere l’esame in un secondo momento

Positivi o indeterminati

Negativo

Infezione pregressa o nessuna infezione (screening falso positivo); possono essere indicati esami aggiuntivi

Positivi o debolmente positivi o indeterminati

Positivo

Infezione attiva

La carica virale dell’HCV (HCV RNA quantitativo) può indicare l’efficacia o meno del trattamento. Una carica virale alta o aumentata può indicare l’inefficacia del trattamento; mentre una carica bassa o abbassata o indeterminabile può voler dire che il trattamento abbia funzionato. I trattamenti efficaci provocano un decremento del 99% o più della carica virale subito dopo l’inizio del trattamento (entro le prime 4-12 settimane), solitamente la carica virale non è più determinabile alla fine del trattamento. In accordo con la CDC, una carica virale indeterminabile nel sangue della persona per 24 settimane dopo la fine del trattamento indica che il paziente ha risposto alla terapia.

I risultati della genotipizzazione di HCV identificano di quale tipo di virus il paziente sia infetto e guida la selezione e la durata del trattamento. Esistono 6 tipi (genotipi) di HCV numerati da 1 a 6 e 50 sottotipi identificati. Il genotipo 1 è il più comune nel mondo occidentale.

Perché è opportuno fare il test anche se i sintomi sono molto lievi?

L’epatite C può essere la causa di epatite cronica, che può causare nei casi più gravi cirrosi e tumore al fegato (carcinoma epatocellulare). Effettuare una diagnosi precoce aiuta il medico ad analizzare e seguire attentamente la funzionalità epatica del paziente e prenda in considerazione la possibilità di effettuare un trattamento farmacologico se l’infezione diventa cronica.

Esistono altri esami per seguire il decorso della patologia?

Sì. Esami del fegato come ALT e AST sono usati per indicare il progredire del danno epatico. I pazienti affetti da virus dell’epatite C (HCV) che hanno sempre AST e ALT normali probabilmente presenteranno sempre dei sintomi leggeri e non necessiteranno di alcun trattamento. Possono essere usati altri esami come albumina, tempo di protrombina (PT) e bilirubina, che rimangono di solito nella norma a meno che il paziente non sviluppi la cirrosi. A volte viene eseguita una biopsia del fegato per determinare la gravità del danno epatico.

Ci si può vaccinare contro l’epatite C?

No, al momento non esiste un vaccino, anche se si stanno svolgendo ricerche per svilupparlo.

Una volta guariti dall’HCV ci si può infettare di nuovo?

Sì. Un’infezione precedente da HCV non protegge da un’altra infezione, non esiste quindi un’immunità all’HCV. La maggior parte delle persone non ha una risposta immunitaria efficace verso il virus. I cambiamenti che il virus subisce nelle replicazioni che effettua durante l’infezione rendono difficile per il sistema immunitario combatterlo.

Esiste un trattamento per l’HCV?

Sì, al momento esistono dei farmaci che si usano per trattare l’infezione da HCV. Solitamente si utilizzano combinazioni di trattamento e si stanno, inoltre, sviluppando nuovi farmaci. Prima del 2000, l’HCV cronica era curabile solo nel 10% dei casi. Adesso i trattamenti possono curare circa il 60-70% dei casi prima che sopraggiungano altre complicazioni. I farmaci si stanno evolvendo fino al punto di curare il 90% dei casi, grazie alle nuove ricerche. Ciò aumenta la probabilità di intervenire precocemente e di prevenire le morti associate all’HCV.

Virus epatite B [HBV] anticorpi HBsAg

Perché può essere necessario svolgere il test?

Prima di tutto per lo screening e la diagnosi di epatite B acuta o cronica, ma anche per rilevare precedenti esposizioni al virus HBV, epatiti pregresse ed anche per il monitoraggio della terapia.

Quando è necessario effettuare il test?

Il test si effettua se sono presenti dei fattori di rischio di aver contratto un’infezione da HBV o in presenza di sintomi tipici dell’epatite (per esempio itterizia o aumento dell’enzima epatico ALT); il test è inoltre necessario in caso un paziente debba sottoporsi a chemioterapia o ad un trattamento con farmaci immunosoppressori; anche pazienti trattati per epatite B o C (HCV) o nel caso in cui si voglia controllare lo stato immunitario per valutare la necessità di effettuare un vaccino.

Che tipo di campione viene prelevato?

Un campione di sangue venoso prelevato dal braccio.

È necessaria una particolare preparazione al test?

No, non è necessaria alcuna preparazione.

L’Esame

L’epatite B è una patologia causata dall’infezione causata dal virus HBV. I test per l’epatite B rilevano la presenza di antigeni (proteine virali),di  anticorpi prodotti in risposta all’infezione o del materiale genetico (DNA) del virus. La valutazione complessiva dell’insieme dei risultati dei test consente di discriminare tra un’infezione attiva e l’immunità risultante da una precedente esposizione o vaccinazione.

L’epatite è una patologia che causa infiammazione e ingrossamento del fegato. Ha diverse cause, una delle quali è l’infezione operata dai virus dell’epatite, dei quali l’HBV è solo uno dei cinque possibili: HAV (epatite A), HBV (epatite B), HCV (epatite C), HDV (epatite D) e HEV (epatite E).

L’HBV si trasmette tramite il sangue o altri liquidi biologici di persone infette. Il contagio può avvenire tramite la condivisione di aghi per l’iniezione di droghe per via endovenosa o tramite rapporti sessuali non protetti. Le persone che si trovano in zone del mondo ad alta prevalenza di epatite B hanno un rischio maggiore di contrarre l’infezione.

Raramente, le madri possono trasmettere l’infezione ai figli durante il parto o tramite l’allattamento. Il virus non si diffonde tramite contatti superficiali come strette di mano, colpi di tosse o starnuti. Il virus può sopravvivere al di fuori dall’organismo per più di sette giorni, anche nel sangue secco, e può essere contratto usando rasoi o spazzolini di una persona infetta o tramite strumenti per cure estetiche o odontoiatriche non correttamente igienizzati.

Il più drastico decremento di incidenza di epatite B in Italia è avvenuto in seguito all’introduzione della vaccinazione nel 1988 per persone appartenenti a gruppi ad alto rischio di infezione da virus HBV. La vaccinazione è divenuta obbligatoria nel 1991 per tutti i nuovi nati e per i dodicenni (fino al 2003). 

Grazie al protocollo Seieva (Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta) è possibile monitorare costantemente l’evoluzione di questa epidemia. Nel 2015 sono stati registrati 0,6 casi ogni 100.000 abitanti, di cui 0,1/100.000 per la fascia d’età compresa tra 0-14 anni, 0,3/100.000 per la fascia d’età compresa tra 15-24 anni e 0,8/100.000 per la fascia d’età maggiore di 25 anni. Al giorno d’oggi la fascia d’età maggiormente a rischio è quella di età compresa tra i 35 e i 54 anni.

Il decorso dell’infezione da epatite B può variare da forme leggere che durano solo poche settimane fino a forme croniche gravi che possono permanere per alcuni anni. Talvolta l’HBV cronica causa gravi patologie come la cirrosi o il tumore epatico. Alcuni degli stadi e delle forme di epatite B includono:

Infezione acuta – presenza di segni e sintomi con test positivo.

Infezione cronica – infezione persistente con rilevazione del virus tramite test di laboratorio e quadro clinico positivo (infiammazione del fegato).

Portatore sano (stato inattivo) – infezione persistente senza infiammazione del fegato (il portatore non manifesta problemi di salute ma è stato infettato dal virus e può potenzialmente contagiare altre persone).

Infezione “risolta” – assenza di segni d’infezione; i test degli antigeni virali e del DNA sono negativi e non sono presenti sintomi di infiammazione epatica (anche se, in alcuni casi, il virus può essere presente nel fegato in stato inattivo).

Riattivazione dell’infezione da HBV con danneggiamento del fegato di una persona portatrice o che ha avuto un’infezione pregressa risolta. Avviene più frequentemente in persone affette da forme tumorali per le quali è necessaria una terapia chemioterapica o in persone affette da malattie autoimmuni o sottoposte a trapianto d’organo e in cura con immunosoppressori.

Nonostante l’HBV acuta possa essere un’infezione grave, nella maggior parte degli adulti si risolve spontaneamente, mentre nei bambini e nei ragazzi può svilupparsi una forma cronica (in circa il 90% dei casi). I bambini da 1 a 5 anni presentano un rischio di sviluppare epatite cronica tra il 25% e il 50%., mentre sopra i 5 anni, la probabilità è minore del 5%.

La grande maggioranza delle persone con infezioni croniche è asintomatica. Nelle infezioni acute, i sintomi sono molto simili a quelli delle altre epatiti acute ed includono febbre, affaticamento, nausea e vomito, anche se in più della metà dei casi non vi sono sintomi. Nel caso di un’epatite acuta, il fegato è danneggiato e non funziona più normalmente, causando la mancanza di metabolizzazione ed eliminazione delle tossine e dei prodotti di scarto come la bilirubina. Questo causa l’accumulo progressivo nel sangue di bilirubina e degli enzimi epatici. I test come bilirubina e pannello epatico rappresentano un sostegno nella diagnosi di epatite, pur non consentendo la definizione dell’agente eziologico. I test per la ricerca dei virus dell’epatite consentono invece di definirne la causa.

Volete avere informazioni riguardanti gli intervalli di riferimento?

Gli intervalli di riferimento vengono influenzati da diversi fattori, quali l’età e il sesso del paziente, la popolazione di riferimento e il metodo utilizzato per l’esecuzione dell’esame. Il risultato numerico di un test può pertanto avere significati diversi in base al laboratorio in cui è stato effettuato.

Per queste ragioni, nel presente sito web non vengono riportati gli intervalli di riferimento. Per la valutazione dei risultati dei test, riferirsi ai valori di riferimento forniti dal laboratorio nel quale questi sono stati eseguiti. Gli intervalli di riferimento di ciascun test sono riportati sul referto di laboratorio, accanto al nome ed al risultato dello stesso. 

Quali informazioni è possibile ottenere dal test?

I test del virus dell’epatite B (HBV) vengono effettuati per vari motivi: per rilevare la presenza di anticorpi prodotti per rispondere all’infezione da HBV, così come per rilevare gli antigeni prodotti dal virus o il DNA virale.

Ii test dell’HBV vengono utilizzati per:

Identificare i sintomi acuti causati dall’infezione da HBV. L’antigene di superficie dell’epatite B e gli anticorpi IgM anti-core, vengono eseguiti per monitorare le epatiti virali acute insieme ai test per l’epatite A (HAV) e per l’epatite C (HCV), per identificare quale sia il virus responsabile dell’infezione.

Monitorare l’infezione cronica da epatite B e il trattamento

Rilevare una precedente esposizione ad HBV, in una persona con il sistema immunitario compromesso (e quindi a rischio di riattivazione del virus) o affetta da epatite C e in procinto di iniziare una terapia

Diagnosticare l’epatite cronica da HBV

Ulteriori ragioni per eseguire i test: diagnosticare l’infezione da epatite B in persone a rischio o nei donatori di sangue, rilevare lo stato di portatore, rilevare la presenza di una precedente infezione (e la conseguente immunità) o controllare se si è sviluppata immunità si è sviluppata dopo la vaccinazione.

Solitamente viene prima di tutto eseguito un pannello di test di screening seguiti poi se necessario, da altri esami per il monitoraggio della patologia o per la verifica della presenza di infezione cronica e/o dello stato di portatore.

La tabella seguente sintetizza il set di esami usati di solito nella fase di screening:

TEST

DESCRIZIONE

USO E COMMENTI

Antigene di superficie dell’epatite B (HBsAG)

Rileva le proteine presenti sulla superficie del virus

Per la diagnosi di infezione da HBV acuta e cronica; indica precocemente la presenza di epatite B acuta, identifica le persone infette prima che i sintomi appaiano; non determinabile nel sangue durante il periodo di incubazione; è il metodo principale per identificare i pazienti con infezione cronica, inclusi i “portatori sani”.

Anticorpi anti-superficie dell’epatite B (anti-HBs)

Rileva gli anticorpi prodotti in risposta agli antigeni di superficie HBV

Per rilevare la precedente esposizione all’HBV; gli anticorpi si possono sviluppare anche in seguito ad una vaccinazione, può essere quindi prescritto per capire se il vaccino è stato efficace o no (se gli anti-HBs sono assenti nonostante la vaccinazione) o se la persona è già entrata in contatto con il virus ed è immune e quindi non può contrarre l’infezione nuovamente.

Anticorpi totali anti-core dell’epatite B (anti-HBc, IgM e IgG)

Rileva sia le IgM che le IgG dirette contro il core dell’epatite B

Per diagnosticare l’infezione acuta e cronica da HBV; le IgM sono i primi anticorpi prodotti dopo l’infezione da HBV; le IgG sono prodotte in risposta agli antigeni del core più tardi nel corso dell’infezione e di solito persistono per l’intera vita del paziente.

IgM anti-core dell’epatite B (anti-HBc)

Rileva solo le IgM dirette contro il core dell’epatite B

Usato per rilevare le infezioni acute; talvolta presente anche nelle infezioni croniche.

La seguente tabella elenca i test usati come esami di approfondimento dopo i test iniziali per la rilevazione di HBV.

TEST

DESCRIZIONE

USO E COMMENTI

Antigene e dell’epatite B (HBeAG)

Rileva le proteine di origine virale prodotte e rilasciate nel sangue

Usato per analizzare la capacità del virus di infettare altri soggetti (infettività); può anche prescritto per monitorare l’efficacia del trattamento. Esistono alcuni ceppi virali non in grado di produrre l’antigene; questi sono più diffusi in Medio Oriente e in Asia. In queste aree, il test per HBeAg non è molto utile per determinare la capacità del virus di diffondersi.

Anticorpi anti-antigene e dell’epatite B (Anti-HBe)

Rileva gli anticorpi prodotti dall’organismo in risposta all’antigene “e” dell’epatite B

Per monitorare coloro che sono guariti dall’infezione acuta da HBV. L’anti-HBe può essere presente insieme ad anti-HBc e ad anti-HBs

DNA virale dell’epatite B

Rileva il materiale genetico del virus dell’epatite B nel sangue

Un risultato positivo di questo test indica che il virus si sta replicando nell’organismo e la persona è molto contagiosa. Il test è spesso usato nel monitoraggio della terapia antivirale dei pazienti affetti da epatite B cronica.

Mutazioni che conferiscono resistenza al virus dell’epatite B

Rileva le mutazioni in grado di conferire al virus la resistenza alla terapia farmacologica (inibitori della trascrittasi inversa)

Aiuta a selezionare la terapia più appropriata, soprattutto per pazienti che sono già stati trattati e per coloro che non hanno risposto adeguatamente alla cura.

Mentre i test descritti sopra sono specifici per l’HBV, altri esami epatici come AST, ALT e gamma-glutamil- transferasi (GGT) vengono impiegati nel monitoraggio della progressione della patologia. In alcuni casi, può essere eseguita una biopsia del fegato per valutare l’estensione e la gravità del danno epatico.

Quando viene prescritto?

I test per l’epatite B vengono prescritti in caso di sintomi di epatite acuta, come per esempio:

Ittero

Febbre

Nessun appetito

Nausea e vomito

Dolore agli addominali

Urine di colore scuro

Feci chiare

Dolore agli arti

Affaticamento

 

I test dell’epatite B possono essere eseguiti come approfondimento in seguito al riscontro di valori alterati di ALT e/o AST. Talvolta le forme acute di epatite vengono diagnosticate in questa maniera a causa della presenza di soli sintomi lievi, facilmente confondibili con quelli dell’influenza. Le epatiti croniche possono essere asintomatiche e spesso sono pertanto diagnosticate in seguito al riscontro di valori alterati di esami eseguiti di routine.

Il test per l’antigene di superficie dell’epatite B (HBsAg) è anche un test di screening per chi ha un alto rischio di contrarre epatite B cronica. Nel dicembre 2017 l’associazione statunitense Centers for Disease Control and Prevention (CDC) e dell’American College of Physicians, raccomanda lo svolgimento del test HBsAg per:

Persone nate in aree del mondo nelle quali l’epatite B è a maggior incidenza (ad esempio Asia e Medio Oriente)

Donatori di sangue, plasma, tessuti, organi e liquido seminale

Persone aventi rapporti sessuali a rischio (in particolare uomini omosessuali)

Personale sanitario, forze armate

Persone sieropositive per HIV e HCV

Persone con valori alterati di ALT e AST senza apparente causa

Persone che vivono in stretto contatto o che hanno partner sessuali persone positive per HBV

Persone in terapia immunosoppressiva, come i trapiantati

Donne in gravidanza

Persone che usano o hanno usato droghe per via endovenosa

Persone con malattie renali gravi

Donne in gravidanza

Carcerati

Neonati nati da madri infette

Persone che vivono in stretto contatto o che hanno partner sessuali persone positive per HBV

I test per l’epatite B devono essere eseguiti regolarmente se sono usati nel monitoraggio di persone con infezione cronica.

Nel monitoraggio vengono misurati l’antigene di superficie dell’epatite B (HBsAg) e l’antigene e (HBeAg) ogni 6 mesi-1 anno finché, in alcuni pazienti, HBeAg (e meno frequentemente, HBsAg) non sparisce da solo. Nelle persone in trattamento per epatite B cronica, i test HBeAg e per la ricerca del DNA di HBV possono essere usati valutare l’efficacia del trattamento.

Cosa significa il risultato del test?

I test per l’epatite B possono essere prescritti individualmente ma sono solitamente effettuati in combinazione tra loro, in relazione al quesito diagnostico. I risultati dei test sono di solito valutati insieme. Talvolta il significato di un risultato dipende dal risultato degli altri test. Non tutti 6

 TEST INIZIALI

 

 

TEST DI APPROFONDIMENTO

 

 

 

 

ANTIGENE DI SUPERFICIE (HBSAG)

ANTICORPI ANTI-SUPERFICIE (ANTI-HBS)

ANTICORPI TOTALI ANTI-CORE (ANTI-HBC IGG+IGM)

ANTICORPI  ANTI-CORE (ANTI-HBC IGM)

ANTIGENE E (HBEAG)*

ANTICORPI ANTI-E (ANTI-HBE)

HBV DNA

POSSIBILE INTERPRETAZIONE / STADIO DI INFEZIONE

Negativo

Negativo

Negativo

Negativo

Non eseguito

Non eseguito

Non eseguito

Virus inattivo o nessuna infezione pregressa; non immune – può essere un buon candidato per il vaccino; è possibile che sia in una fase di incubazione

Negativo

Positivo

Negativo

Non eseguito

Non eseguito

Non eseguito

Non eseguito

Immunità dovuta alla vaccinazione

Negativo

Positivo

Positivo

Non eseguito

Non eseguito

Non eseguito

Non eseguito

Infezione risolta, immunità dovuta a infezione naturale. Se il paziente diviene immunosoppresso il virus può riattivarsi.

Positivo

Negativo

Positivo o Negativo

Positivo

Positivo o Negativo

Negativo

Rilevato

Infezione acuta, di solito con sintomi; contagiosa; può essere segnale di infezione cronica

Negativo

Negativo

Positivo

Positivo

Negativo*

Positivo

Non rilevato

Infezione acuta che si sta risolvendo (convalescente)

Positivo

Negativo

Positivo

Negativo

Positivo* o Negativo

Negativo o Positivo

Rilevato

Di solito indica un’infezione cronica attiva (possibile danno epatico)

Positivo

Negativo

Positivo

Negativo

Negativo

Positivo

Non presente o presente a basse concentrazioni

Infezione cronica ma basso rischio di danno epatico – stato di portatore sano

Monitorare il trattamento dell’infezione cronica

Se i risultati dei test iniziali e di approfondimento indicano che la persona ha l’epatite B cronica, allora si può iniziare una terapia, la cui efficacia viene monitorata mediante i test dell’antigene e degli anticorpi HBe e del DNA di HBV:

Se l’HBeAg diventa negativo e l’anti-HBs diventa positivo durante il trattamento, di solito significa che il trattamento è efficace e può essere interrotto dopo altri 6-12 mesi.

Se l’HBeAg diventa negativo e l’anti-HBe diventa positivo durante la terapia, allora il trattamento è efficace e può essere interrotto dopo 6-12 mesi, sebbene il virus possa riapparire in seguito. È necessario continuare con il monitoraggio.

Il test HBV DNA misura quanto virus è presente nel sangue. Se il test da risultati elevati, questo è un segno che il virus si sta replicando e quindi il trattamento non dà i risultati sperati. Mentre un risultato basso o sotto il limite di rilevabilità (indeterminato) indica che il virus non è presente o è presente in quantità minima e non può quindi essere rilevato, indicando quindi l’efficacia della terapia. In alcuni casi, il virus può aumentare di nuovo, una volta che si è interrotta la terapia.

C’è altro da sapere?

L’infezione da HBV, se presente, può causare danni al fegato e diffondersi ad altre persone nonostante la persona portatrice sia asintomatica. Per questo motivo, è importante fare il test se si pensa di essere stati esposti e contagiati.

La banca del sangue esegue lo screening su tutti i donatori tramite la ricerca del virus dell’epatite B (HBV DNA), dell’antigene di superficie dell’epatite B (HbsAg), e degli anticorpi anti-core dell’epatite B (anti-HBc). I donatori vengono informati in caso di risultato positivo. Le persone che vengono contattate a causa di un risultato positivo devono recarsi dal proprio medico per fare ulteriori esame. Si prescriveranno in questo caso test addizionali per una diagnosi accurata e per capire se è necessario un trattamento farmacologico.

In persone esposte all’HBV ma non vaccinate, l’infezione può essere evitata con un’iniezione di immunoglobuline dell’epatite B (HBIG) entro 24 ore. In questo caso viene anche somministrata la prima dose del vaccino.

Esiste un test per determinare il tipo specifico (ceppo) di virus dell’epatite B che causa l’infezione, chiamato test di genotipizzazione dell’HBV.

In caso di sospetta infezione da HBV, è necessario eseguire tutti questi esami?

No, sarà il medico a suggerire gli esami da effettuare, in base alla storia clinica ed ai sintomi del paziente.

E’ necessario vaccinarsi per,l’epatite B?

Il vaccino è consigliato a:

Persone che stanno svolgendo la dialisi

Tutte le persone che sono a stretto contatto con persone affette da HBV

Tutti i neonati con tre somministrazioni, al 3°, 5° e 11° mese di vita del bambino e senza la necessità di ulteriori richiami.

Operatori sanitari con possibile esposizione ad HBV

Persone affette da HIV o in terapia per altre malattie sessualmente trasmissibili

Persone che viaggiano verso paesi nei quali l’epatite B è diffusa

Persone affette da malattie epatiche e renali croniche

 

Il vaccino è raccomandato anche nelle persone adulte pur non appartenenti alle categorie a rischio.

In che cosa consiste il trattamento per l’epatite B?

Non esiste una terapia specifica per il trattamento delle epatiti B acute. I sintomi di solito sono trattati con una terapia di supporto, con il riposo, con l’assunzione frequente di liquidi e di cibo in piccole quantità.

Le forme croniche di epatite B possono essere trattate con farmaci antivirali come interferone, entecavir, tenofovir, lamivudine e adefovir. Tuttavia, alcuni farmaci antivirali possono provocare effetti collaterali anche gravi e non tutti i pazienti possono essere trattati. Di solito le persone affette da epatite cronica sono monitorate per diagnosticare precocemente la cirrosi o il tumore epatico. Si consiglia di consultarsi con il proprio medico curante circa le opzioni terapeutiche disponibili e i benefici che se ne possono trarre.

Cos’è l’epatite D e come è associata con l’epatite B?

L’epatite D (HDV) è un altro virus responsabile di infezione al fegato, ma solo se è già presente quello dell’epatite B. La persona può infettarsi con entrambi i virus nello stesso momento (co-infezione) o l’infezione da epatite D può seguire quella da epatite B (superinfezione). Nel mondo occidentale la diffusione di HDV è bassa. Non esiste un vaccino per l’HDV, ma dal momento che causa infezione solo in presenza di HBV, può essere prevenuta tramite il vaccino per HBV.

VELOCITA_ DI SEDIMENTAZIONE DELLE EMAZIE (VES)

Perché eseguire il test?

Per rilevare la presenza di infiammazioni causate da una o più patologie, come per esempio, infezioni, tumori o malattie autoimmuni; il test viene eseguito come supporto nella diagnosi e nel monitoraggio di specifiche patologie quali artrite transitoria, vasculite sistemica, polimialgia reumatica o artrite reumatoide.

Quando eseguire il test?

Nel caso in cui si sospetti la presenza di un’infiammazione; in presenza di segni e sintomi che possono dedurre la presenza di artrite transitoria, vasculite sistemica, polimialgia reumatica o artrite reumatoide, come mal di testa, dolore al collo o alle spalle, dolore pelvico, anemia, scarso appetito, perdita di peso inspiegata e rigidità delle articolazioni.

Che tipo di campione viene prelevato?

Un campione di sangue prelevato da una vena del braccio.

​​​​​​​Il Test Richiede una Preparazione?

Non è richiesta alcuna preparazione

L’Esame

La velocità di eritrosedimentazione (VES) misura indirettamente il grado di infiammazione presente nell’organismo. Il test misura il tempo che gli eritrociti (globuli rossi) impiegano a precipitare (sedimentare) in un campione di sangue posto in un tubo verticale di lunghezza standard, alto e stretto. Il risultato è riportato in millimetri di fluido (plasma) presenti nella porzione superiore del tubo dopo un’ora.

Una volta inserito il campione di sangue nel tubo, le cellule sedimentano lentamente, lasciando nella parte superiore il plasma. In presenza di un’alta concentrazione di proteine, in particolare delle proteine chiamate “di fase acuta”, i globuli rossi sedimentano più velocemente. La concentrazione delle proteine della fase acuta, come la proteina C reattiva (PCR) e il fibrinogeno aumenta nel sangue in risposta all’infiammazione.

Un’infiammazione è la classica reazione immunitaria dell’organismo: acuta, nel caso si sviluppi direttamente dopo un trauma, una ferita o un’infezione, o cronica, se persiste per un lungo periodo di tempo, per esempio nel caso di malattie autoimmuni o di cancro.

La VES non è diagnostica, ma semplicemente un test non specifico, che può dare risultati elevati dovuti a molte patologie, essa fornisce tuttavia informazioni utili a rilevare la presenza o l’assenza di un’infiammazione.

Nel corso del tempo sono stati introdotti test più specifici, mettendo in discussione l’utilità della VES. Tuttavia, la VES viene utilizzata per la diagnosi ed il monitoraggio dell’artrite transitoria,della vasculite sistemica e della polimialgia reumatica.

Una VES molto elevata è utile per la diagnosi differenziale di malattia reumatica. Essa può essere una buona opzione in caso non siano disponibili altri test (per esempio in aree del mondo con risorse limitate, o nel caso si debba tenere sotto controllo una patologia specifica).

Volete avere informazioni sugli intervalli di riferimento?

Gli intervalli di riferimento dipendono da molti fattori, quali l’età e il sesso del paziente, la popolazione di riferimento e il metodo utilizzato per l’esecuzione dell’esame. Il risultato numerico di un test può pertanto avere significati diversi in laboratori differenti.

Per queste ragioni, non vengono riportati gli intervalli di riferimento. Per la valutazione dei risultati dei test, riferirsi ai valori di riferimento forniti dal laboratorio nel quale questi sono stati eseguiti. Gli intervalli di riferimento di ciascun test sono riportati sul referto di laboratorio, accanto al nome ed al risultato dello stesso. 

Quali informazioni si ottengono dal test?

La velocità di eritrosedimentazione (VES) è un test semplice, economico e non specifico. Esso venne utilizzato per molti anni al fine di identificare infiammazioni dovute a patologie come tumori, infezioni e patologie autoimmuni.

Si tratta di un test non specifico poiché valori elevati indicano la presenza di infiammazione senza dare ulteriori informazioni sul luogo o sulla sua causa. I risultati della VES possono essere influenzati da altre patologie, oltre all’infiammazione. Per questa ragione, di solito è utilizzata insieme ad altri test, come la proteina C-reattiva.

La VES è solitamente un supporto nella diagnosi di alcuni tipi di patologie infiammatorie (artrite transitoria, vasculite sistemica e polimialgia reumatica). Se i valori della VES aumentano significativamente, essi sono una conferma della diagnosi.

Questo test è utile per il monitoraggio e la risposta alla terapia per le patologie sopra menzionate, ma anche per altre patologie come il lupus.

Quando viene prescritto il test?

La VES viene richiesta nel caso si presuma la presenza di un’infiammazione causata da una patologia in atto. Molte patologie infiammatorie possono essere rilevate usando questo test: per esempio, in caso si sospetti la presenza di artrite responsabile di infiammazione e dolore agli arti o se si accusano sintomi di malattie infiammatorie intestinali.

La VES può essere prescritta in caso di sintomi che suggeriscono polimialgia reumatica, vasculite sistemica o artrite transitoria, come mal di testa, dolore a ginocchia e articolazioni, dolore alla pelvi, anemia, scarso appetito, perdita di peso inspiegata e rigidità articolare. La VES può essere effettuata a intervalli regolari come parte del monitoraggio di queste patologie.

La VES può essere effettuata anche in caso di approfondimenti di varie patologie.

Cosa significa il risultato del test?

Il risultato della VES è riportato in millimetri di fluido (plasma) presenti nella porzione superiore del tubo, di altezza standard, dopo un’ora (mm/ora).

Essendo la VES un indicatore non specifico di infiammazione, il risultato può essere usato insieme ad altri reperti clinici, la storia clinica e i risultati di altri esami di laboratorio. Se il risultato della VES e i segni clinici concordano, allora si può confermare o scartare la diagnosi sospettata.

Una VES elevata senza alcun sintomo, solitamente non è sufficiente per una diagnosi. Allo stesso modo, valori di VES normali non escludono la presenza d’infiammazioni o patologie.

Una VES moderatamente elevata può indicare la presenza di infiammazioni, ma anche anemia, infezioni, gravidanza ed età avanzata.

Una VES elevata indica evidentemente la presenza di una grave infezione, associata ad un aumento delle globuline, polimialgia reumatica o artrite transitoria. Per effettuare la diagnosi definitiva, il medico effettuerà ulteriori test di approfondimento, come l’emocoltura, in base ai sintomi del paziente. Le persone con mieloma multiplo o macroglobulinemia di Waldenstrom (un tumore che causa un grande aumento delle immunoglobuline) hanno di solito una VES molto elevata anche in assenza di infiammazione.

In corso di monitoraggio di una patologia, un aumento della VES può essere sintomo di un aumento dell’infiammazione o di una scarsa risposta alla terapia; una VES normale o diminuita può indicare una risposta appropriata al trattamento.

C’è altro da sapere?

Una VES bassa può essere osservata nelle patologie in cui la sedimentazione normale dei globuli rossi è inibita, come nella policitemia, in cui si osserva un alto numero di globuli rossi, nella leucocitosi, in cui si osserva un alto numero di globuli bianchi e in alcune malattie caratterizzate da anomalie proteiche. Anche nelle patologie che causano anomalie della forma dei globuli rossi (come nell’anemia falciforme in cui le emazie hanno una forma a falce) si può riscontrare una VES bassa.

Le donne tendono ad avere una VES più elevata rispetto agli uomini, in quanto le mestruazioni e la gravidanza possono causare un temporaneo rialzo di questo valore.

In pediatria, la VES è il test effettuato per supportare la diagnosi e il monitoraggio dei bambini affetti da artrite reumatoide o da sindrome di Kawasaki.

Quanto tempo è necessario per eseguire il test?

La tempistica dipende dal laboratorio che esegue il test, anche se in genere è sufficiente un’ora circa. I metodi più moderni possono fornire un risultato anche in 20-30 minuti. Sono disponibili anche test rapidi che, tramite l’utilizzo di centrifugazioni, consentono di ottenere un risultato in 5 minuti. Questi metodi sono molto utili in caso di emergenza.

Da cosa è causata l’infiammazione?

L’infiammazione può essere sia acuta che cronica e può essere causata da moltissime patologie o condizioni cliniche, come:

Malattie infiammatorie intestinali

Infezioni

Malattie autoimmuni, come il lupus

Artrite

Quali altri test possono essere richiesti oltre la VES?

Si può richiedere la proteina C reattiva (PCR) e altri test genetici come il pannello metabolico o l’emocromo. VES e proteina C reattiva (PCR) sono entrambi indicatori di un’infiammazione. Di solito, la VES non cambia così rapidamente come la PCR, sia all’inizio dell’infiammazione che dopo la sua risoluzione. La PCR non è influenzata da tanti fattori come la VES, e pertanto è un ottimo indicatore della presenza di un’infiammazione. Tuttavia, la VES è un test più facile da eseguire e molti clinici la preferiscono come test di primo livello, in caso di sospetta infiammazione.

Sulla base dei sintomi, insieme alla VES possono essere richiesti anche gli anticorpi anti-nucleo (ANA), il fattore reumatoide (FR), il fibrinogeno e l’elettroforesi delle sieroproteine.

Una VES elevata è di solito causata da due tipi di proteine, le globuline o il fibrinogeno. In base alla storia clinica del paziente, ai segni e sintomi e alla patologia sospettata, può essere richiesto il test del fibrinogeno (una proteina della coagulazione marcatore di infiammazione) e l’elettroforesi delle sieroproteine per definire quale di queste (o entrambe, in taluni casi) sia la causa dell’innalzamento della VES. In caso di sospetta infezione ematica grave, può essere richiesta l’emocoltura.

Cosa significa la variazione della VES?

Aumenti o diminuzioni della VES possono dare indicazioni rispettivamente sulla presenza o la risoluzione dell’infezione o dell’infiammazione. In corso di patologia infiammatorie croniche, i valori della VES possono variare insieme alle condizioni cliniche del paziente.

TRIPSINA

Perché può essere necessario eseguire il test?

Al fine di rilevare la fibrosi cistica (nei neonati e nei bambini), ma anche per rilevare e valutare un’insufficienza pancreatica (nei bambini e negli adulti).

Quando è necessario fare il test?

Se un bambino o un neonato presenta sintomi di fibrosi cistica: diarrea persistente, produzione di feci maleodoranti, grasse e voluminose, malnutrizione e carenza vitaminica; nel caso in cui in un bambino o in un adulto vi sia il sospetto di un’insufficienza pancreatica.

Che tipo di campione viene prelevato?

Un campione di feci fresco e non contaminato dalle urine.

Il test richiede una preparazione?

No, nessuna.

L’esame

La tripsina e la chimotripsina sono enzimi che permettono la digestione delle proteine nell’intestino tenue. Il tripsinogeno e il chimotripsinogeno, cioè i loro precursori inattivi, si producono all’interno del pancreas e vengono trasportati nell’intestino tenue, dove il tripsinogeno viene attivato a tripsina, che si sua volta trasforma il chimotripsinogeno in chimotripsina. Questi due enzimi degradano le proteine assunte in piccoli peptidi. Sia la tripsina che la chimotripsina si rilevano nelle feci, nel caso in cui il pancreas funzioni normalmente. Questo esame è finalizzato a rilevare la tripsina e la chimotripsina nelle feci per valutare il corretto funzionamento del pancreas.

Le persone affette da fibrosi cistica possono formare tappi di muco al livello dei dotti pancreatici in grado di bloccare il passaggio del tripsinogeno e del chimotripsinogeno all’intestino tenue.

Le persone affette da disfunzioni del pancreas (danneggiamento tissutale o ostruzione) possono accusare un blocco dei dotti pancreatici o una distruzione delle cellule producenti tripsinogeno e chimotripsinogeno. Questo tipo di danno può comportare l’insorgenza di insufficienza pancreatica che porta alla diminuzione della quantità di enzimi pancreatici trasportati nell’intestino tenue e quindi l’inadeguata digestione degli alimenti. Questa patologia può essere una conseguenza di pancreatiti croniche o tumori pancreatici.

Come si raccoglie il campione per il test?

Tramite un prelievo di un campione di feci fresco e non contaminato con le urine. Nei neonati, viene spesso usata una sacca di raccolta delle urine attaccata alla pelle del bambino aventi delle estremità adesive o un pannolino in plastica specifico per mantenere le feci separate dalle urine.

Esiste una preparazione al test per assicurare la buona qualità del campione?

No, non è necessaria alcuna preparazione.

Quali informazioni è possibile ottenere?

Il test della tripsina/chimotripsina viene usato per la diagnosi di fibrosi cistica in neonati o in bambini sintomatici. La chimotripsina può essere richiesta, assieme ad altri test, come il grasso nelle feci, per valutare la presenza di insufficienza pancreatica sia nei bambini che negli adulti.

Quando viene prescritto il test?

Il test della tripsina/chimotripsina è facile e non invasivo. Vi è necessità di eseguirlo nel caso in cui un neonato o un bambino presenti segni di fibrosi cistica come diarrea persistente, produzione di feci maleodoranti, grasse e voluminose, malnutrizione e carenza vitaminica. Il test della chimotripsina viene effettuato nel caso in cui un adulto o un bambino mostri sintomi di insufficienza pancreatica.

Che cosa significa il risultato del test?

Un risultato positivo, indica la presenza di tripsina e chimotripsina nelle feci, è normale. Un risultato negativo non è di per sé diagnostico ma indica la necessità di effettuare ulteriori test per la fibrosi cistica e l’insufficienza pancreatica. Anche le disfunzioni pancreatiche, come le pancreatiti croniche e acute, possono determinare la presenza di risultati negativi.

Quali altri test possono essere effettuati per la diagnosi di fibrosi cistica?

Il test del tripsinogeno immunoreattivo (IRT) è un test che può essere effettuato durante gli screening neonatali per la diagnosi di fibrosi cistica, così come il “test del sudore” nei bambini. La ricerca delle mutazioni del gene della fibrosi cistica nei neonati e nei bambini è utile per la diagnosi o per determinare se un individuo è portatore della mutazione.

Nel caso in cui un bambino sintomatico risulti negativo al test della tripsina/chimotripsina, quali altri test devono essere eseguiti?

In questo caso può essere necessario il test per la ricerca dei grassi nelle feci o la misura dell’amilasi o della lipasi ematica per la valutazione della funzionalità pancreatica e dell’apparato digerente.

TRANSFERRINA CAPACITA_ FERROLEGANTE

Perché effettuare il test?

Il test viene effettuato per valutare la capacità dell’organismo di trasportare il ferro.

Quando è necessario fare il test?

Nel caso in cui si sospetti una carenza o un sovraccarico di ferro, riconducibili a molteplici patologie; come supporto al monitoraggio della funzionalità epatica e dello stato nutrizionale.

Che tipo di campione viene prelevato?

Viene prelevato sangue da un braccio.

È necessaria una preparazione per effettuare il test?

Di solito viene richiesto un digiuno di 12 ore prima dell’esecuzione, è permesso solo bere acqua.

L’Esame

La transferrina è la proteina più importante per il legame ed il trasporto del ferro in tutto l’organismo. La quantità di transferrina disponibile per il legame ed il trasporto del ferro influisce nella misura della capacità totale di legare il ferro (TIBC), nella capacità ferro-legante latente o nella saturazione della transferrina.

Normalmente il ferro viene assunto tramite l’alimentazione e viene distribuito in tutto l’organismo tramite la transferrina, una proteina che viene prodotta nel fegato. Per circa il 70% il ferro viene trasportato nel midollo osseo e incorporato nell’emoglobina all’interno dei globuli rossi. La restante percentuale viene immagazzinata nei tessuti sotto forma di ferritina o emosiderina. La quantità di transferrina nel sangue è influenzata dalla funzionalità epatica e dallo stato nutrizionale. In condizioni normali, un terzo dei siti di legame della transferrina per il ferro sono saturati. Ciò significa che per due terzi la transferrina conserva la sua capacità legante.

I test TIBC, UIBC, della transferrina e della saturazione della transferrina permettono di valutare la qualità della circolazione sanguigna di legare e trasportare il ferro e riflettono anche la quantità delle sue riserve.

Sideremia – ossia la misura del ferro sierico (sideremia), indica la quantità di ferro totale nel sangue, la cui quantità maggiore è legata alla transferrina. Questo valore viene richiesto per il calcolo di TIBC e di UIBC.

Saturazione della transferrina – è un calcolo (vedi “Domande frequenti”) che, utilizzando i valori di sideremia, TIBC e UIBC, permette di stimare la percentuale di transferrina saturata dal ferro.

UIBC (unsaturated iron binding capacity) – questo test misura la quantità di transferrina di riserva ossia la quantità di transferrina che non è ancora stata saturata dal ferro. L’UIBC può essere misurato direttamente o può essere calcolato: TIBC – ferro sierico = UIBC.

TIBC (total iron binding capacity) – misura la quantità totale di ferro che può essere legato dalle proteine del sangue. Essendo la transferrina la principale proteina che lega il ferra, la misura della TIBC è una buona indicazione della quantità di transferrina disponibile.

Come viene raccolto il campione per il test?

Il campione viene raccolto tramite prelievo di sangue da una vena dal braccio.

Esiste una preparazione al test che possa assicurare la buona qualità del campione?

Di solito viene richiesto un digiuno di 12 ore prima del test, durante questo arco di tempo è permessa solo l’assunzione di acqua. Si consiglia di effettuare il prelievo di mattina.

Quali informazioni è possibile ottenere?

Nel caso in cui si sospetti una carenza o un eccessivo accumulo di ferro, viene frequentemente utilizzata la misura della capacità totale di legare il ferro (TIBC) e della sideremia. Questi due test possono essere utilizzati per calcolare la saturazione della transferrina, un indicatore molto più utile del TIBC per valutare lo stato marziale. Nelle persone sane, solo il 20-40% dei siti di legame disponibili sulla transferrina vengono utilizzati per legare il ferro.

In caso di carenza di ferro, la sideremia e la saturazione della transferrina diminuiscono ma aumenta la TIBC. In caso di eccesso di ferro (come nell’emocromatosi), i livelli sierici del ferro aumentano mentre la TIBC rimane a livelli normali o diminuisce portando ad un aumento della saturazione della transferrina. Il test UIBC può essere richiesto in alternativa al TIBC.

Se vengono valutati lo stato nutrizionale o la funzionalità epatica, solitamente si effettua il test della transferrina al posto di TIBC o di UIBC. La transferrina, essendo una proteina di sintesi epatica, diminuisce in caso di malattie del fegato, ma anche nel caso in cui il paziente abbia un regime alimentare con un apporto proteico troppo basso; questo test offre quindi anche indicazioni sullo stato nutrizionale di una persona.

Quando viene prescritto?

I test TIBC o UIBC, insieme alla sideremia, possono essere necessari nel caso in cui un paziente mostri i sintomi di carenza o eccesso di ferro. Nel caso in cui vi siano anche segni di anemia, può essere necessario svolgere ulteriori test, in special modo nel caso in cui l’emocromo abbia rilevato livelli bassi di ematocrito ed emoglobina e globuli rossi microcitici e ipocromici.

Ecco i sintomi più diffusi di anemia:

Vertigini

Stanchezza cronica

Pallore

Mal di test

Debolezza

 

Nel caso in cui si sospetti un accumulo di ferro o se un paziente ha una storia familiare di emocromatosi, insieme al test della ferritina possono essere richiesti anche sideremia e TIBC. I sintomi di sovraccarico di ferro possono variare molto da persona a persona e solitamente peggiorano con il passare del tempo. Questi sintomi sono dovuti all’accumulo di ferro nel sangue e nei tessuti, ed includono:

Dolore alle articolazioni

Perdita di impulsi sessuali

Perdita di capelli

Perdita di energia

Dolore addominale

Problemi cardiaci, come lo scompenso cardiaco congestizio

Affaticamento, stanchezza

Problemi cardiaci, come lo scompenso cardiaco congestizio

Perdita di peso

 

La maggior parte delle persone inizialmente non accusa alcun sintomo.

La sideremia e il TIBC si effettuano in caso di sospetto avvelenamento da ferro. Questo accade più frequentemente nei bambini che possono assumere accidentalmente troppe vitamine o altri integratori contenenti ferro.

Il test della transferrina può essere effettuato assieme ad altri test, come quello della prealbumina, nel caso in cui il clinico voglia avere informazioni riguardo lo stato nutrizionale del paziente.

Cosa significa il risultato del test?

I risultati dei test della transferrina, TIBC e UIBC vengono di norma valutati assieme ad altri test. La tabella sottostante riassume i possibili risultati ottenibili in presenza delle più comuni patologie:

MALATTIA

SIDEREMIA

TIBC/TRANSFERRINA

UIBC

% SATURAZIONE DELLA TRANSFERRINA

FERRITINA

Carenza di Ferro

Bassa

Alto

Alto

Bassa

Bassa

Emocromatosi

Alta

Basso

Basso

Alta

Alta

Malattie croniche

Bassa

Basso

Basso/Normale

Bassa

Normale/Alta

Anemia emolitica

Alta

Normale/Basso

Basso/Normale

Alta

Alta

Anemia sideroblastica

Normale/Alta

Normale/Basso

Basso/Normale

Alta

Alta

Avvelenamento da ferro

Alta

Normale

Basso

Alta

Normale

Livelli elevati di TIBC, UIBC o transferrina indicano di solito una carenza di ferro mentre sono aumentati in corso di gravidanza e in seguito all’uso di contraccettivi orali.

Bassi livelli di TIBC, UIBC o transferrina si riscontrano nel caso di:

Alcuni tipi di anemia dovuti all’accumulo di ferro

Sindrome nefrosica (patologia dei reni caratterizzata dalla perdita di proteine nelle urine)

Malnutrizione

Emocromatosi

Patologie epatiche

Sindrome nefrosica (patologia dei reni caratterizzata dalla perdita di proteine nelle urine)

Infiammazione

 

La saturazione della transferrina diminuisce negli stati di carenza di ferro e aumenta in presenza di quantità eccessive di ferro, come in seguito ad avvelenamento o sovraccarico di ferro.

Oltre alla carenza di ferro, l’anemia può avere altre cause?

Si, esistono numerose forme di anemia, ma la carenza di ferro è la causa più frequente e il motivo più frequente per il quale vengono effettuati i test riguardanti il ferro. Se i test escludono una carenza di ferro, allora viene ricercata un’altra causa riconducibile all’anemia. Per maggiori dettagli si rimanda alla pagina “Anemia” nelle pagine “Patologie/Condizioni Cliniche”.

Come viene calcolata la saturazione della transferrina?

La formula è:

Saturazione della transferrina (%) = (Sideremia x 100%) / TIBC

Ci possono essere altri fattori che influenzano il livello di transferrina?

La transferrina viene chiamata anche proteina della fase acuta negativa, poiché i suoi livelli tendono a diminuire in corso di processi infiammatori. Condizioni di infiammazione cronica, infezioni e neoplasia possono influenzare il livello di transferrina.

Tiroxina libera riflessa (fT4-R)

Perché può essere necessario fare il test?

Per valutare la funzionalità tiroidea; come supporto alla diagnosi di patologie tiroidee; per monitorare l’efficacia della terapia e per lo screening dell’ipotiroidismo nei neonati.

Quando è necessario fare il test?

Se si presentano segni e sintomi di patologie tiroidee, di ingrossamento della tiroide (gozzo) o in presenza di un nodulo tiroideo, come per esempio una cisti solida o piena di fluidi. Il test viene inoltre effettuato dopo un risultato anomalo del TSH ed a persone in trattamento per patologie tiroidee.

Che tipo di campione viene prelevato?

Un campione di sangue venoso prelevato dal braccio oppure qualche goccia di sangue ottenuta pungendo il tallone di un neonato

È richiesta una preparazione per il test?

No, non è necessaria alcuna preparazione; tuttavia, l’assunzione di alcuni farmaci, di multivitaminici o di integratori, può interferire con la determinazione di T4 libera, per questo motivo si consiglia di comunicare al medico tutti i farmaci in uso. In caso di persone in trattamento con ormoni tiroidei, si raccomanda di effettuare il prelievo prima dell’assunzione del farmaco. Uno stato di malessere può alterare i risultati del test, perciò si sconsiglia di eseguire l’esame in persone ricoverate o in convalescenza dopo una malattia.

L’Esame

La tiroxina (T4) è uno dei due ormoni principali che vengono prodotti dalla tiroide, una piccola ghiandola a forma di farfalla situata alla base del collo, appiattita contro la trachea. L’altro ormone è la triiodotironina (T3), che insieme alla T4 controlla la velocità di consumo dell’energia da parte dell’organismo. La maggior parte della T4 e della T3 nel sangue circola legata a proteine, la restante circola liberamente e rappresenta la forma biologicamente attiva dell’ormone. Questo esame misura la concentrazione di T4 libera nel sangue.

La T4 costituisce circa l’80% degli ormoni tiroidei. Si tratta di un ormone nella maggior parte dei casi inattivo che però è convertito nella forma maggiormente attiva, il T3, nel fegato e in altri tessuti.

La produzione di T4 è regolata dal un sistema di feedback, in modo da mantenere stabile la concentrazione degli ormoni tiroidei nel sangue. Fanno parte di questo sistema a feedback anche il T3, il TSH (ormone tireostimolante) e il TRH (ormone tireotropo) prodotto dall’ipotalamo:

Quando la concentrazione di T4 diminuisce, l’ipotalamo produce il TRH, che comanda all’ipofisi di produrre e rilasciare il TSH. Il TSH a sua volta stimola la tiroide a produrre più T4 e T3.

All’aumentare della concentrazione ematica di ormoni tiroidei, il rilascio di TSH è inibito e di conseguenza anche la produzione degli stessi T4 e T3.

Il corretto funzionamento dei tre organi coinvolti – ipotalamo, ipofisi e tiroide – permette di mantenere concentrazioni stabili di ormoni tiroidei.

Nel caso in cui la tiroide non produca quantità sufficienti di T4 e di T3, per esempio, a causa di disfunzioni tiroidee o di produzione insufficiente di TSH, la persona affetta può manifestare sintomi di ipotiroidismo (aumento di peso, secchezza della cute, intolleranza al freddo, ciclo mestruale irregolare e affaticamento). L’ipotiroidismo non trattato, chiamato mixedema, può causare insufficienza cardiaca, convulsioni e coma. Nei bambini l’ipotiroidismo può arrestare la crescita e ritardare lo sviluppo sessuale. La tiroidite di Hashimoto, una patologia autoimmune, è una causa frequente di ipotiroidismo.

Nel caso in cui la tiroide produca una quantità eccessiva di T4 e T3, ciò causa un aumento della velocità delle funzioni dell’organismo con sintomi di ipertiroidismo (perdita di peso, tachicardia, ansia, tremori alle mani, gonfiore degli occhi e difficoltà a dormire). Il morbo di Graves causa frequentemente ipertiroidismo.

Cause comuni di ipertiroidismo e ipotiroidismo sono tiroiditi, tumori tiroidei, così come l’eccessiva o la scarsa produzione di TSH. Gli effetti di queste patologie sulla produzione di ormoni tiroidei possono essere determinati e monitorati tramite la misura della T4 libera.

Vorresti sapere gli intervalli di riferimento?

Gli intervalli di riferimento dipendono da molteplici fattori, quali l’età e il sesso del paziente, la popolazione di riferimento e il metodo utilizzato per l’esecuzione dell’esame. Il risultato numerico di un test può pertanto avere significati diversi in base al laboratorio in cui è stato svolto.

Per queste ragioni, non vengono riportati gli intervalli di riferimento. Per la valutazione dei risultati dei test, fare riferimento ai valori forniti dal laboratorio nel quale questi sono stati eseguiti. Gli intervalli di riferimento di ciascun test sono riportati sul referto di laboratorio, accanto al nome ed al risultato dello stesso. 

Quali informazioni è possibile ottenere dal test?

Il test fornisce indicazioni sulla quantità di tiroxina libera (T4 libera) consente di valutare la funzionalità tiroidea e diagnosticare le patologie tiroidee, inclusi l’ipertiroidismo e l’ipotiroidismo, di solito dopo il riscontro di un risultato anomalo della misura dell’ormone tireostimolante (TSH).

La maggior parte della T4 e della T3 circola nel sangue legata a proteine, mentre una piccola percentuale di esse circola liberamente. Gli esami disponibili consentono di misurare la T4 totale, la T4 libera, la T3 totale o la T3 libera. La T4 totale è un valore che è stato utilizzato per molti anni, ma che viene molto influenzato dalla concentrazione delle proteine responsabili del trasporto ematico degli ormoni. La T4 libera (fT4) invece, è la forma attiva della tiroxina, non essendo influenzata dalla concentrazione delle proteine. Pertanto, l’fT4 è il valore più accurato per stimare la funzionalità della tiroide e, nella maggior parte dei casi, è usata al posto della T4 totale.

La T4 libera può essere misurata dopo il TSH e talvolta insieme alla T3 libera, al fine di:

Monitorare i pazienti affetti da tumore tiroideo che risponde al TSH: vengono testati regolarmente il TSH e la T4 per assicurarsi che siano stati somministrati ormoni tiroidei in misura sufficiente a mantenere basso il TSH senza alzare troppo la T4

Monitorare l’efficacia del trattamento in persone affette da patologie tiroidee

A volte per verificare la funzionalità ipofisaria

Verificare la presenza concentrazioni di ormoni tiroidei troppo alte o troppo basse (ipertiroidismo e ipotiroidismo) e diagnosticarne le cause

Distinguere tra le differenti malattie tiroidee

 

Non è raccomandato l’uso della T4 libera per lo screening delle patologie tiroidee in persone asintomatiche.

In caso di sospetta patologia autoimmune della tiroide, il clinico può prescrivere anche gli anticorpi tiroidei insieme alla misura della T4 libera.

Quando viene effettuato l’esame?

La misurazione della T4 libera (fT4) viene effettuata in caso si siano riscontrati valori anomali di TSH in pazienti con sintomi di ipertiroidismo o ipotiroidismo, noduli tiroidei o gozzo tiroideo.

Sintomi di ipertiroidismo sono:

Insonnia

Ansia

Perdita di peso

Tachicardia

Eventuale interessamento oculare: gonfiore attorno agli occhi, secchezza, irritazione e, a volte, esoftalmo (occhi sporgenti)

Astenia

Tremore delle mani

Sensibilità alla luce, disturbi della visione

Diarrea (a volte)

Sintomi d’ipotiroidismo sono:

Stitichezza

Secchezza della pelle

Irregolarità del ciclo mestruale

Intolleranza al freddo

Aumento del peso

Gonfiore della pelle

Astenia

Perdita di capelli

La determinazione della T4 libera può essere effettuata ad intervalli regolari, per monitorare la funzionalità tiroidea e l’efficacia della terapia in corso di trattamenti per patologie tiroidee.

Per le donne in gravidanza affette da problemi alla tiroide, il medico può prescrivere esami tiroidei sia all’inizio che al termine della gravidanza e nel periodo successivo al parto per monitorare sia la madre che il bambino.

Cosa significa il risultato del test?

I valori della T4 libera (fT4) possono indicare un’iperattività della tiroide (ipertiroidismo) o un’attività rallentata della ghiandola stessa (ipotiroidismo). I risultati del test non sono diagnostici ma necessitano di una valutazione complessiva assieme ai risultati di altri esami, come il TSH o il T3.

La carenza e l’eccesso di T4 libera sono la conseguenza di varie patologie, sia temporanee che croniche della tiroide. Basse concentrazioni di T4 libera insieme a basso TSH o alte concentrazioni di T4 libera insieme a TSH alto sono indicatori della presenza di patologie dell’ipofisi.

Durante la terapia di patologie tiroidee, i risultati dell’esame forniscono al clinico informazioni circa l’efficacia della stessa e la necessità di variare il dosaggio dei farmaci. Per esempio, in persone affette da ipertiroidismo vengono regolarmente valutati i livelli di TSH, T4 e T3 per verificare l’efficacia dei farmaci nella diminuzione dei livelli degli ormoni tiroidei. Nelle persone affette da ipotiroidismo viene invece richiesta regolarmente la misura del TSH e del T4.

La tabella seguente riassume alcuni dei risultati più frequenti e del loro potenziale significato.

TSH

T4 LIBERA

T3 LIBERA O TOTALE

PROBABILE INTERPRETAZIONE

Normale

Normale

Normale

La tiroide funziona normalmente (eutiroidismo)

Normale o basso

Normale o basso

Basso

Alterazione della funzionalità tiroidea dovuta a malattia (malattie non tiroidee o sindrome del malato eutiroideo)

Alto

Normale

Normale

Ipotiroidismo leggero; nel caso di trattamento per ipotiroidismo, indica un dosaggio scarso del farmaco

Alto

Basso

Basso o normale

Ipotiroidismo primario (causato da un problema della ghiandola tiroidea)

Normale o alto

Alto

Alto

Ipertiroidismo secondario, causato da problemi dell’ipofisi, o dei recettori per gli ormoni tiroidei (resistenza agli ormoni tiroidea)

Basso

Normale

Normale

Ipertiroidismo leggero; nel caso di trattamento per ipertiroidismo, indica un dosaggio eccessivo del farmaco

Basso

Normale

Alto

Ipertiroidismo raro causato dalla produzione eccessiva di T3 (tireotossicosi o T3-tossicosi)

Basso

Alto

Alto

Ipertiroidismo primario (causato da problemi della ghiandola tiroidea)

Basso

Basso

Basso

Ipotiroidismo secondario causato da problemi ipotalamici o ipofisari.

Ci sono altri aspetti da tenere in considerazione?

Si consiglia di evitare di misurare gli ormoni tiroidei in pazienti ricoverati ed aspettare la completa guarigione dopo qualsiasi patologia acuta, poiché questi possono essere influenzati dallo stress o dalla malattia.

Si raccomanda di tenere in considerazione che i test della tiroide sono un’istantanea di ciò che accade in un sistema dinamico. I risultati possono essere influenzati da:

Aumento, diminuzione e cambiamenti (ereditati o acquisiti) nelle proteine che legano T4 e T3

Raramente, resistenza agli ormoni tiroidei

Patologie sistemiche

La presenza di malattie epatiche

Gravidanza

Quali farmaci possono alterare i risultati della misura degli ormoni tiroidei?

Molti multivitaminici, integratori (in particolare per il benessere di capelli, pelle e unghie) e molti farmaci da banco, possono alterare i risultati dell’esame. Per esempio, la biotina, vitamina B7, può interferire con alcuni esami di laboratorio. È, quindi, molto importante comunicare al medico ed al personale sanitario quali farmaci o integratori vengano assunti abitualmente e astenersi dall’assunzione nei giorni precedenti l’esecuzione del test. Anche le procedure, come l’angiografia, che richiedono l’iniezione di sostanze fluorescenti nell’organismo, devono essere eseguite lontane dai test tiroidei.

In che modo la gravidanza influenza le concentrazioni degli ormoni tiroidei?

La gravidanza altera la funzionalità delle ghiandole endocrine, inclusa la tiroide. Generalmente le donne asintomatiche non vengono sottoposte al test, ma solo se sono presenti sintomi e/o esistono altre patologie della tiroide. Questa categoria di pazienti viene sottoposta al test con regolarità sia durante la gravidanza che dopo il parto.

Anche se alcuni esperti suggeriscano di eseguire questi esami anche nelle donne in gravidanza asintomatiche, questo non ha trovato accordo nella comunità scientifica.

Perché i bambini vengono sottoposti alla nascita ai test per la tiroide?

Dopo la nascita, durante il programma di screening neonatale (DPCM 12 gennaio 2017), si misurano i livelli di T4 e TSH per diagnosticare ipotiroidismo congenito, una patologia causata dalla scarsa funzionalità della ghiandola tiroidea, dalla sua errata localizzazione o dalla sua totale mancanza.

Che cos’è l’FTI?

L’acronimo FTI (Free Thyroxine Index) è l’indice di tiroxina libera. L’FTI stima la concentrazione della T4 libera, che talvolta viene indicata come T7. È un valore calcolato a partire dalla T4 totale e da una stima della concentrazione di proteine che legano gli ormoni tiroidei. L’esame originario per la stima della concentrazione di proteine leganti è chiamato T3-uptake e l’ultima versione metodo T-uptake. Questi esami al giorno d’oggi vengono usati raramente in quanto esistono dei metodi per la misura diretta di T4 e T3 liberi.

È possibile fare qualcosa al fine di abbassare o alzare la concentrazione di T4?

La concentrazione diT4 libera non risponde ai cambiamenti nello stile di vita. Ciò che conta è che la tiroide produca un’adeguata quantità di T4 e che il sistema a feedback dell’organismo risponda in modo appropriato. Le persone che non producono abbastanza T4, possono essere sottoposte ad una terapia ormonale sostitutiva.

TIREOGLOBULINA (TG)

Perché effettuare il test?

Al fine di monitorare il trattamento terapeutico del cancro della tiroide e individuare le recidive; più raramente viene effettuato come supporto alla diagnosi di ipertiroidismo o ipotiroidismo.

Quando è necessario svolgere il test?

Prima di iniziare e dopo aver subito un trattamento del cancro della tiroide, prima e dopo la terapia con iodio radioattivo e ad intervalli regolari per monitorare le recidive. In presenza di alcuni disturbi della tiroide può essere richiesto insieme ad altri esami riguardanti la tiroide.

Che Tipo di Campione Viene Richiesto?

Un campione di sangue ottenuto mediante prelievo venoso.

​​​​​​​Il Test Richiede una Preparazione?

No, non è necessaria alcuna preparazione.

L’Esame

Questo esame analizza la concentrazione di tireoglobulina presente nel sangue. La tireoglobulina viene prodotta dalla tiroide, ovvero la ghiandola che regola il metabolismo dell’organismo.

La tiroide è un piccolo organo a forma di farfalla che si trova nel collo a ridosso della trachea. Essa è formata da piccole strutture sferiche chiamate follicoli. Le cellule dei follicoli sono responsabili della produzione ed immagazzinamento della tireoglobulina che all’occorrenza viene scissa per formare gli ormoni tiroidei T4 (tiroxina) e T3 (triiodotironina). La produzione di questi ormoni e la loro distribuzione nel circolo sanguigno vengono stimolate dall’ormone ipofisario TSH (thyroid stimulating hormone, ormone stimolante la tiroide).

La tireoglobulina non viene sintetizzata da tutti i tumori tiroidei. Nei tumori della tiroide più frequenti, come l’adenocarcinoma papillare o follicolare, si può osservare spesso un incremento dei livelli di tireoglobulina.

Come viene raccolto il campione per il test?

Il test si effettua tramite prelievo di sangue sul braccio.

Esiste una preparazione al test al fine di assicurare la buona qualità del campione?

No, non è necessaria alcuna preparazione.

Quali informazioni è possibile ottenere dal test?

La determinazione della tireoglobulina è un marcatore tumorale per valutare l’efficacia della terapia del cancro della tiroide e per monitorare le recidive. Non tutti i tumori della tiroide producono tireoglobulina, ma solo i più comuni come il tumore papillare e quello follicolare con conseguente aumento delle sue concentrazioni ematiche.

La determinazione della tireoglobulina può essere prescritta con quella del TSH prima di iniziare il trattamento del cancro della tiroide per analizzare se il tumore la stia producendo. Successivamente, le concentrazioni di tireoglobulina possono essere ripetute (prelievi seriali) per monitorarne le variazioni nel tempo. L’osservazione delle variazioni di concentrazione spesso fornisce maggiori informazioni rispetto al singolo valore.

L’esame della tireoglobulina viene effettuato anche per valutare le cause di ipertiroidismo e per monitorare l’efficacia terapeutica in pazienti affetti da patologie come la malattia di Graves. Raramente il test può essere richiesto durante la diagnosi differenziale tra la tiroidite subacuta (un’infezione della tiroide di origine virale) e la tireotossicosi factitia (dovuta all’ingestione volontaria o accidentale di quantità eccessive di ormoni tiroidei) e per la determinazione delle cause di ipotiroidismo congenito nei bambini.

Quando viene prescritto l’esame?

L’esame viene effettuato in preparazione all’asportazione chirurgica del cancro alla tiroide.

Esso può essere effettuato nuovamente alla fine dell’intervento per accertarsi della completa asportazione del tessuto tiroideo sia canceroso che normale. Esso può, inoltre, essere effettuato ad intervalli regolari dopo l’intervento al fine di individuare un’eventuale recidiva o una diffusione del tumore.

L’esame della tireoglobulina può essere prescritto anche se si accusano sintomi di ipertiroidismo e/o di aumentate dimensioni della tiroide e nel caso in cui il medico sospetti la presenza di patologie tiroidee come il morbo di Graves o la tiroidite. Può essere prescritto ad intervalli regolari nel tempo nel corso di un trattamento con farmaci anti-tiroidei (in patologie come il morbo di Graves) per verificarne l’efficacia terapeutica.

Raramente può essere prescritto in presenza di sintomi di ipotiroidismo nell’infanzia.

Cosa significa il risultato del test?

Basse concentrazioni di tireoglobulina sono normalmente presenti in pazienti con tiroide normale.

Se alla diagnosi di cancro della tiroide le concentrazioni di tireoglobulina sono elevate, allora la tireoglobulina può essere usata come marcatore tumorale. Le concentrazioni di tireoglobulina dovrebbero essere molto basse o non rilevabili dopo la tiroidectomia e/o dopo trattamento con iodio radioattivo. Nel caso in cui i livelli siano ancora rilevabili, potrebbe essere ancora presente del tessuto tiroideo normale o canceroso, causando la necessità di un ulteriore trattamento.

In base ai risultati dell’esame della tireoglobulina può essere necessario eseguire una scintigrafia tiroidea o un trattamento con iodio radioattivo al fine di individuare e/o distruggere il tessuto tiroideo residuo (normale o canceroso) persistente. I livelli di tireoglobulina devono essere controllati nuovamente nel giro di poche settimane o mesi al fine di verificare l’efficacia della terapia.

La permanenza di bassi i livelli di tireoglobulina per alcune settimane o mesi dopo la tiroidectomia e il loro successivo aumento, indica un probabile ritorno del tumore.

In pazienti con il morbo di Graves, la riduzione delle concentrazioni di tireoglobulina indica che il trattamento sta avendo successo.

In presenza di gozzo, tiroidite o ipertiroidismo i livelli di tireoglobulina possono risultare elevati, anche se solitamente non vengono richiesti.

Il test della tireoglobulina deve essere eseguito su tutti?

Questo non è un esame di screening per la popolazione, in quanto non è un indicatore specifico per il cancro della tiroide e la presenza di molte altre patologie tiroidee può determinare l’aumento dei livelli di tireoglobulina.

Esiste qualcosa in grado di alzare o abbassare i livelli di tireoglobulina?

Non direttamente. La sua concentrazione riflette la presenza di tessuto tiroideo normale o canceroso e non è influenzato da variazioni dello stile di vita.

L’esame della tireoglobulina può essere eseguito ambulatorialmente?

No, questo test richiede un’apparecchiatura specifica e non può essere eseguito in qualsiasi laboratorio. L’intervallo di riferimento può variare notevolmente da laboratorio a laboratorio, poiché esso è altamente influenzato dalla metodica utilizzata. Per questo motivo è necessario eseguire questo test sempre presso lo stesso laboratorio.

È possibile prevenire lo sviluppo di anticorpi anti-tireoglobulina?

No; questi anticorpi possono comparire in qualsiasi momento indipendentemente da variazioni dello stile di vita. Per questo motivo la loro determinazione è importante nel corso del monitoraggio delle recidive.

TEST DI GRAVIDANZA GONADOTROPINA CORIONICA URINARIA

Perché eseguire il test?

Il test viene effettuato in questi casi: 

Per confermare una gravidanza; 

Per identificare una gravidanza ectopica; 

Per monitorare una gravidanza a rischio; 

A volte per verificare l’eventuale presenza di una gravidanza prima di effettuare specifici trattamenti medici; 

Come parte del pannello di screening per la ricerca di eventuali anomalie fetali (per maggiori dettagli si rimanda a “Screening del primo trimestre di gravidanza” e “Screening del secondo trimestre di gravidanza”).

Quando è necessario effettuare il test?

Nel caso in cui si sospetti di essere incinta;il test dovrebbe essere effettuato circa 10 giorni dopo la data presunta del ciclo mestruale anche se alcuni metodi sono in grado di rilevare l’hCG anche più precocemente; 

Nel caso in cui siano presenti segni e sintomi riconducibili ad una gravidanza ectopica; 

Prima di sottoporsi ad alcuni trattamenti terapeutici.

Che Tipo di Campione Viene Richiesto?

Un campione della prima urina del mattino o un campione di sangue venoso.

Il test richiede una particolare preparazione?

L’eccessiva diluizione dell’urina potrebbe fornire un risultato falso negativo, pertanto si consiglia di non assumere grandi quantità di liquidi prima della raccolta. Per il campione di sangue non è necessaria alcuna preparazione.

L’esame

La gonadotropina corionica umana (hCG) è un ormone prodotto dalla placenta nelle donne in gravidanza. I livelli di hCG aumentano precocemente in gravidanza ed essa viene eliminata con l’urina. Il test di gravidanza rileva l’hCG nel sangue e nell’urina al fine di determinare o meno la gravidanza.

Durante le prime settimane di gravidanza, l’hCG svolge un ruolo importante nel mantenimento delle funzionalità del corpo luteo. La produzione di hCG aumenta costantemente nel primo trimestre di gravidanza (8-10 settimane) raggiungendo un picco intorno alla 10° settimana dopo l’ultimo ciclo mestruale. I livelli di hCG quindi diminuiscono progressivamente per il resto della gravidanza. Poche settimana prima del parto, l’hCG nell’urina non è più rilevabile.

Nel caso di una gravidanza ectopica (fuori dall’utero), i livelli di hCG nel sangue aumentano a velocità ridotta. Per questo motivo, nel caso si sospetti una gravidanza ectopica, è necessario monitorare i livelli ematici di hCG effettuando più prelievi e misurando i livelli di hCG (test quantitativo).

I livelli di hCG possono essere alterati anche nel caso in cui il feto sia affetto da difetti cromosomici come quelli responsabili della sindrome di Down. Il test hCG fa parte, con altri test, di un protocollo di screening per la rilevazione di anomalie cromosomiche fetali. (Per maggiori dettagli si rimanda a “Screening del primo trimestre di gravidanza” e “Screening del secondo trimestre di gravidanza”).

State cercando informazioni riguardanti gli intervalli di riferimento?

Gli intervalli di riferimento sono influenzati da molteplici fattori, quali l’età e il sesso del paziente, la popolazione di riferimento e il metodo utilizzato per l’esecuzione dell’esame. Il risultato numerico di un test può pertanto avere significati diversi in base al laboratorio in cui viene effettuato.

Per queste ragioni in questo articolo non vengono riportati gli intervalli di riferimento. Per la valutazione dei risultati dei test, riferitevi ai valori di riferimento forniti dal laboratorio nel quale il test è stato eseguito. Gli intervalli di riferimento di ciascun test sono riportati sul referto di laboratorio, accanto al nome ed al risultato dello stesso. 

Quali informazioni si ottengono dal test?

Il test hCG qualitativo può fornire un risultato positivo o negativo, indica la presenza di hCG ed è il classico test di gravidanza. Questo test può essere effettuato in laboratorio, ambulatorialmente o semplicemente a casa utilizzando un test di gravidanza disponibile in farmacia. I metodi possono differenziare leggermente tra di loro ma la maggior parte di essi fa uso di una striscia reattiva che viene immersa in una provetta contenente urina o che viene tenuta direttamente sotto il getto di urina. Dopo circa 5 minuti, apparirà una linea colorata che indica la presenza di hCG. Al fine di assicurare l’attendibilità del test è importante attenersi alle istruzioni fornite con il test di gravidanza. Se il risultato del test è negativo, si consiglia di ripeterlo dopo qualche giorno.

Dato che il livello di hCG aumenta rapidamente, un test negativo può diventare positivo entro pochi giorni.

Il test hCG quantitativo, anche chiamato beta hCG (β-hCG), misura la quantità di hCG presente nel sangue. Questo test può essere richiesto per:

Confermare una gravidanza;

Se eseguito assieme al test del progesterone, per confermare una gravidanza ectopica;

Monitorare di una gravidanza a rischio;

Monitorare una donna in seguito ad aborto spontaneo;

 

La misura ematica dell’hCG può essere anche utilizzata, assieme ad altri test, per lo screening di anomalie fetali. 

Questo test può essere eseguito per rilevare un’eventuale gravidanza in donne che necessitano di trattamenti terapeutici specifici, che devono assumere determinati farmaci o devono effettuare altri esami che potrebbero danneggiare il feto. In questo caso il test è finalizzato a confermare l’assenza di una gravidanza. Questo test è diventato pratica comune per lo screening di donne in età fertile che devono sottoporsi a operazioni o interventi medici che possono essere dannosi per il feto.

Quando deve essere effettuato il test?

Il test viene effettuato ai fini di confermare una gravidanza; il momento di esecuzione dipende dal metodo utilizzato e dal livello di sicurezza della donna nel riferire il giorno in cui avrebbe dovuto avere il normale ciclo mestruale. In generale, il test effettuato direttamente sul sangue è più sensibile rispetto a quello sull’urina e può essere effettuato già due giorni prima della data presunta del ciclo mestruale. Anche il test sull’urina permette la rilevazione di una gravidanza il giorno stesso del presunto ciclo mestruale, ma in questo caso c’è un maggior rischio di risultati falsi negativi. Se si sospetta di essere in incinta, ma il test è negativo, si consiglia di ripeterlo dopo qualche giorno.

Il test hCG sul sangue può essere ripetuto per alcuni giorni, al fine di monitorare l’andamento dei livelli di hCG nel caso in cui il medico voglia escludere la presenza di una gravidanza ectopica o voglia monitorare una donna in seguito ad aborto spontaneo. In presenza di gravidanza ectopica, la donna può manifestare i segni e sintomi tipici della gravidanza ma può svilupparne altri dovuti al fatto che la gravidanza non procede come dovrebbe.

Alcuni segni e sintomi di gravidanza ectopica includono:

Sanguinamento vaginale anomalo – una donna in gravidanza non ha ciclo mestruale ma in presenza di una gravidanza ectopica, può avere un leggero sanguinamento;

Schiena dolorante;

Dolore e crampi nel basso ventre o su un lato del bacino;

 

I sintomi possono peggiorare se non vengono trattati adeguatamente, e possono verificarsi:

Svenimento o sensazione di svenimento;

Pressione bassa;

Vomito;

Dolore pelvico improvviso e acuto; 

Dolore alle spalle;

Vertigini, debolezza;

Febbre ed altri sintomi influenzali.

 

L’area intorno alla gravidanza ectopica può danneggiarsi ed iniziare a sanguinare. Se questo danneggiamento non viene diagnosticato, può causare arresto cardiaco e morte.

Il test hCG può essere richiesto prima di una procedura medica o di un trattamento che potrebbe danneggiare il feto.

Cosa significa il risultato del test?

Un test hCG negativo indica che una gravidanza è improbabile. Tuttavia, se effettuato troppo presto, potrebbe fornire risultati falsi negativi; ciò avviene se al momento dello svolgimento del test i livelli di hCG sono troppo bassi. Nel caso in cui si sospetti fortemente una gravidanza, si consiglia di ripetere il test dopo qualche giorno.

Un test hCG positivo indica una gravidanza in corso. Tuttavia, potrebbero esservi dei risultati falsi positivi nel caso in cui una donna sia sottoposta ad una terapia ormonale sostitutiva o sia in post-menopausa.

Nel caso di una gravidanza ectopica i livelli di hCG in genere aumentano più lentamente. In una gravidanza normale i livelli di hCG raddoppiano ogni 48-72 ore durante le prime 4 settimane per poi aumentare più lentamente (tempo di raddoppio di circa 96 ore). In presenza di gravidanze problematiche si riscontra solitamente un tempo di raddoppio più lungo o si può osservare una diminuzione nella concentrazione di hCG. In seguito ad aborto spontaneo la quantità di hCG nel sangue precipita. Nel caso in cui i livelli di hCG non scendano sotto a livelli non rilevabili, è probabile sia necessario passare ad una dilatazione e raschiamento dei tessuti in grado di produrre hCG.

Livelli di hCG maggiori rispetto ai valori attesi potrebbero indicare un’errata datazione della gravidanza, una gravidanza multipla o molare.

Quali possono essere i motivi di un risultato falso negativo?

Il test hCG qualitativo effettuato su un campione di urina può fornire un risultato falso negativo se l’urina è troppo diluita o se il test è stato eseguito troppo precocemente. Alcuni farmaci, come i diuretici e la prometazina (un antistaminico) possono portare ad avere risultati falsi negativi.

Quali possono essere i motivi di un risultato falso positivo?

Alcuni farmaci, come antistaminici, diuretici, antiparkinsoniani, ipnotici, antiepilettici, ed anche  i tranquillanti, possono causare risultati falsi positivi.

Anche la presenza di proteine (proteinuria) o sangue nell’urina (ematuria), così come l’eccesso di gonadotropine ipofisarie, possono causare risultati falsi positivi.

Esistono dei casi che riportano le possibili interazioni da parte di alcuni anticorpi o frammenti di hCG presenti nel sangue e che possono portare a risultati falsi positivi. Nel caso si abbiano dei dubbi sui risultati, sarà necessario verificarli con altri metodi.

Il test di gravidanza ad uso domestico fornisce risultati comparabili con quello di laboratorio?

Il test di gravidanza ad uso domestico è molto simile al test hCG effettuato in laboratorio. Esistono però alcuni fattori da tenere in considerazione:

I test di gravidanza ad uso domestico vengono forniti con delle specifiche istruzioni da seguire in maniera accurata. Test di gravidanza di produttori differenti possono avere una diversa sensibilità nel rilevare la presenza di hCG.

Alcune volte i test di gravidanza ad uso domestico vengono effettuati troppo precocemente per poter fornire un risultato positivo. È necessario aspettare circa 10 giorni dal mancato ciclo mestruale prima che i livelli di hCG siano abbastanza alti da poter essere rilevati con certezza nell’urina tramite questi test.

Se possibile, i test di gravidanza ad uso domestico dovrebbero essere effettuati usando la prima urina del mattino. Questo perché l’assunzione di liquidi (acqua, caffè, succhi di frutta…) può diluire l’urina e quindi diminuire la concentrazione di hCG al di sotto dei livelli rilevabili dal test.

 

Se effettuato in maniera corretta, il test di gravidanza ad uso domestico fornisce risultati sovrapponibili a quelli dei test di laboratorio urinari. I test effettuati sul sangue sono più sensibili e possono dare risultati positivi anche se i test urinari danno ancora esito negativo.

Quando viene richiesto un test hCG sul sangue piuttosto che sull’urina?

Poiché l’hCG di norma non è rilevabile nell’urina di una donna non in gravidanza, il test hCG effettuato sull’urina è sufficiente per confermare una gravidanza. Ma questo test è solo di tipo qualitativo. Se per esempio è necessario conoscere la quantità di hCG presente al fine di valutare la presenza di una gravidanza ectopica o per monitorare il valore di hCG in seguito ad aborto spontaneo, può essere necessario eseguire un test hCG direttamente sul sangue (quantitativo).

Dopo quanto tempo il test effettuato sull’urina diventa negativo in seguito ad un aborto spontaneo?

I livelli di hCG nell’urina diminuiscono contemporaneamente a quelli nel siero, e possono impiegare dai 9 ai 35 giorni con una media di 19 giorni. La velocità di diminuzione dei livelli di hCG dipende dal livello di hCG presente al momento dell’aborto. Gli aborti vengono monitorati utilizzando il test hCG quantitativo del sangue. Se i livelli di hCG non scompaiono del tutto, significa che sono ancora presenti dei tessuti in grado di produrre hCG e che devono essere rimossi.

Cos’è una gravidanza ectopica?

Una gravidanza ectopica avviene quando l’ovulo fecondato si impianta in zone diverse dall’utero. Quasi tutte le gravidanze ectopiche avvengono nelle tube di Falloppio, causando una “gravidanza tubarica”. Questa può portare a conseguenze molto serie e vi è quindi la necessità di un immediato trattamento. Le donne con gravidanza ectopica accusano spesso forti dolori addominali e sanguinamento dell’utero. Di solito i livelli di hCG prodotti durante questo tipo di gravidanza hanno un tasso di incremento minore del normale.

In caso si sospetti una gravidanza ectopica, potrebbe essere necessario misurare i livelli di progesterone, che in questo caso dovrebbero essere inferiori rispetto a quelli presenti in una gravidanza non ectopica.

Dopo aver effettuato un trattamento per una gravidanza ectopica, i livelli di hCG devono essere ricontrollati ad intervalli regolari fino a quando non saranno più rilevabili. La permanenza di livelli elevati di hCG potrebbe essere un indizio della non completa rimozione del tessuto ectopico; ciò potrebbe richiedere un intervento chirurgico o l’assunzione di metotrexato (un farmaco in grado di indurre l’organismo ad assorbire il tessuto residuo).

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